Lo psichedelico, teatrale e urlato impeto finale: VI serata 2009
Fotografie in attesa di finale
FOTOGRAFIA- Una fotografia è un attimo immobilizzato, cristallizzato, magari anche costruito, ma è sempre e, comunque, fermo. Osservare un’immagine ferma è rimanere in un’altra attesa. Gli ultimi fotografi concorrenti dell’edizione 2009 del MArteLive sono fermi in tre attese differenti sia nel tempo che nello spazio.
L’introspezione di Silvia Benvenuto parte da una riflessione di un racconto, Il Minotauro, del drammaturgo svizzero Friedrich Dürrenmatt. La storia classica che conosciamo della creatura che convive con una metà ferina è richiusa dallo scrittore svizzero in un labirinto di specchi. Per Silvia Benvenuto la lettura di un racconto, in cui è la stessa immagine che fa presente al Minotauro la sua solitudine, non poteva che essere motivo di ispirazione. Gli specchi riflettono come la fotografia che è in qualche modo specchio della vita, riflette un attimo, unico e irripetibile; così la fotografia è lo specchio di solitudini e attese. “Quello che mi interessava far arrivare era l’aspetto della solitudine” ci spiega Silvia. Il corpo femminile ritratto nelle foto è il suo, autoscatti in cui non si riconosce, in cui è diventa materia fotografica. Quelli impressi nelle foto sono solo due corpi, due esseri che “cercano uno spazio umano, però tragico e anonimo, si cercano e si nascondono“. La malinconia di queste foto è nell’assenza della perfezione, Silvia non ricerca una bella foto, riesce solo a realizzarla. Lavorare in pellicola facendo autoritratti la mette nella condizione di non poter pretendere l’inquadratura perfetta, quello che ci colpisce, in questi scatti quasi vanesi, è il fatto che sono liminari alla poesia pura.
Ancora il bianco e nero al femminile di Giorgia Barchi per rimanere alle Sponde dell’anima. Un reportage sul fiume sacro. Un racconto di una religiosità lontana e fervente; un modo di essere così lontano dal nostro che ogni volta ci rimane impresso. Il solo bagnarsi nell’acqua accresce lo spiritualismo anche di chi osserva. Tutto rimane fermo, si guarda un rito che è immobile da secoli e sembra sempre nuovo e irripetibile. Giorgia Barchi elimina i colori perché la forza dei gialli e dei rossi di quei luoghi potrebbe distrarre dall’espressione e dall’attesa di chi cerca la purificazione dell’anima, come le fotografie cercano di custodirle, quelle anime, in una cornice. Bilancia il bianco per purificare i contorni per renderli immobili.
Unico tocco di colore nell’unica visione maschile dell’Attesa, che in Antonio Guzzardo è divertente e ironica. Antonio si ispira ad Oliviero Toscani, provante e dissacrante, cerca le luci di Linch e di Roman Polański, le sue sono storie divertenti. Colpiscono e fanno sorridere l’immaginario, riconducono ad altre immagini, distruggono l’idea classica di pubblicità usando il loro stesso linguaggio. Le foto di Antonio Guzzardo sono quasi grottesche, l’importante è il messaggio non la tecnica, solo la comunicazione.
Poesia, storia e gioco. Tre modi di fermarsi per attendere la finale.
(Rossana Calbi)