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Lo psichedelico, teatrale e urlato impeto finale: VI serata 2009

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06_musica_paola_zuccalaEcco sul palco i vincitori della sezione musica emergente della scorsa edizione del MArteLive: capelli solidificati dal gel, giacche bianche, fuseaux attillati e argentati, tra scarpe con il tacco, trucco agli occhi e spillette ovunque, insomma i Freakout! Il suono di una tastiera ripetitiva e cadenzata per “Electroride”, che presenta subito l’energia del gruppo portando al movimento incontrollato e al “trip”. Sembra di essere in un videogioco che dopo la lotta e la sconfitta porta all’inevitabile Game Over.
La loro intensa vitalità e le loro capacità di conquistare, riscaldare palco e pubblico continua con “Corto Circuito” . Cassa in quattro, con “Limonata punk” , corsa sul posto dell’eccentrico cantante, battito di mani e sorriso convulso, e a “Dandy Boy” che “parla di un club che c’era a Modena, per cui veniva gente da tutta Italia. All’interno del menù l’ Horror drink, imbevibile, ma ne bastavano due per essere “fuori”. E’ Dandy boy e parla di noi” fino allo “Stop” e all’improvvisa fine della musica. E dopo “Bambolina elettrica”, primo singolo dello stravagante gruppo, “scritta per caso”; la voce strozzata e quasi indemoniata per “Manichini”, come robot impazziti, movimenti a scatti psicopatici, “Abbiamo il batterista progressivo, lui parte quando vuole. Signori, siamo tutti manichini“.
Il fortunato gruppo chiude con “Vorrei essere un suono”, “Voi vorreste essere un suono? Io vorrei essere un suono“, suoni “allarmanti”, pazzia, follia e fuga. In un momento strumentale psichedelico si sale si scende fino al capogiro, con perdita dei sensi, tra i tic, e perdita del controllo come su una giostra. La fine è tra una batteria impazzita e il bassista che usa il basso come pistola per fare fuori i compagni che non si fermano.
Ci danno dei cloni. Del gruppo costruito. E’ vero. Siamo giunti alla fine. Siamo giunti ai ringraziamenti come a Bim Bum Bam. Voi neanche sapete cos’è“.

Dopo l’ironia e l’energia infuocata dei Freakout è il turno dei Leitmotiv che mostrano la loro singolarità e stranezza indossando vestiti rossi e con la teatrale rappresentazione fornita dall’eclettico “front man”.
Si parte in modo dolce e pacato nell’atmosfera di “Balocchi” tra il rumore del mare prodotto da un lungo tubo di legno e sabbia, e una voce che parla e racconta. Lo spettacolo continua con il megafono e la maschera nera di “Popolo”, la cornice rossa di “Vizi” e una giacca bianca e un topo tra le labbra in “Flute”, il tutto accompagnato da una musica “rock”, un megafono e un ritmo di marcia in movimento.
Una regione florida di talenti e anche di diossina, nella nostra lingua” con “Donca”, durante la quale è impossibile restare fermi ad ascoltare la musica contorta e spasmodicamente rock.
I ritmi cambiano e si susseguono, il canto popolare, tra malinconiche note di “Acqua di luna” e “Contro il logorio della vita moderna” un jazz pettinato, educato e accomodato.
In questa meravigliosa serata condividiamo l’arte in generale e la solitudine. Si chiama “Fango”, quello bianco. Camminando sotto la pioggia.” e dopo “viviamo in tempi di lontananza, abbiamo bisogno della vostra vicinanza. Avvicinatevi“.
Il gruppo pugliese dopo “La musica indipendente vive di pubblico e non di voti” chiude con “Bonheur El” e “Puerto nuevo” con un’esplosione finale tra ventagli e nastri a ricamare nell’aria.

E’ arrivato il momento del gruppo di punta della serata, i Meganoidi, che entrano nel buio e con03_musica_paola_zuccala la strumentale “At Dusk” si presentano nella loro versione ancora più rock sperimentale. La formazione è completa e, tra luci rosse e blu intermittenti, parte “Altrove”, canzone che apre l’ultimo lavoro del gruppo Al posto del Fuoco. Il finale esplosivo preceduto da un attimo solo voce e chitarra prima dell’improvviso scatto.
Urlate tra rabbia e odio, con la testa bassa e movimenti a tempo, tra luci bassa, è la volta di “Dighe”, “For those who lie awake (Let’s go)”, “Dai pozzi” e “Scusami Las Vegas”.
Tutto cambia con la lenta e trascinata “Dune”, voce bassa e grave, monocorde nel satanico dolore, “Io sono qui”, tormentata nel blu dei ricordi e dei pensieri, disperata e pacatamente livida.
Dopo il momento febbrile ed appassionato un  “pezzo un po’ campagnolo, concepito in campagna. Parla un po di tutto, di noi, della vita“, “Aneta”, che precede “Ima go go” con la sua batteria potente, la marcia, in una musica che si carica sempre di più fino a “Solo alla Fine” più saltellante e meno cupa.
Si torna al secondo lavoro dei Meganoidi e con “Inside the loop” l’energia pura, tutto si muove e muore, tra la foschia e le finte nuvole, mentre dall’altra parte del palco il contatto e le urla.
Uno dei momenti più attesi per un “Miscuglio di pezzi che non si capisce”, finalmente tornano tra le labbra dei presenti le parole di “Meganoidi” e “Supereroi” dal loro primo album. I due pezzi che hanno presentato i Meganoidi al grande pubblico nella loro versione ska-punk, sono presentati questa volta in una versione più rude e cruda, tra chitarre elettriche e una batteria palpitante e martellante. Nel ricordo di una musica diversa il movimento non va via e la grandezza del gruppo e del suo pubblico viene fuori comunque tra il delirio generale.
01_musica_paola_zuccalaAdesso una canzone d’amore. Non vi piace l’amore in generale? Giuro che è ballabile. La dedico a tutte le ragazze, anzi a tutti i ragazzi“, parte così “Mia”, molto leggera e spensierata, tra palloncini in aria tra il pubblico e la band (il chitarrista mentre suona, lancia divertito verso il pubblico un palloncino che aveva raggiunto il palco n.d.r.).
E’ giunta l’ora di “02:16”, parlata, tra una chitarra arpeggiata, prima di diventare dura e pesante, quasi “metal”, urla fino allo sgolarsi prima di tornare ad essere sussurata, “un incubo un sogno che andava raccontato anche se tragico” (la sorpresa di un passante che, dopo aver chiesto il nome del gruppo, rimane sorpreso e confuso apprendendo di essere davanti ai “nuovi” Meganoidi).
“Stormo”, lenta, dondolante e ipnotica, “oltre i margini del giorno/che vediamo chiaramente/con i nostri occhi/ho imparato finalmente a parlare di noi/solo immagini” basso martellante e duro fino alla psichedelia, “Al posto del fuoco”, “MRS” prima del capolavoro del gruppo genovese: “Zeta reticoli”, “Dedicata a tutti voi“.
L’intero locale ora, con le dita verso l’alto, urla a squarciagola e si muove, salta, si contorce, e con rabbia e estasi accompagna Davide in questa lunga e meravigliosa canzone che finisce tra lo stridio della tromba e una violenta e ardente detonazione. Si finisce con “Approdo” che parte con chitarra e voce, lenta e dolce e finisce con uno strumentale che racchiude la nuova essenza dei Meganoidi, il progressive-rock, “il nostro tempo è finito dobbiamo andare via“.

Finisce così la sesta serata del MArteLive, con l’amarezza per aver vissuto qualcosa di intenso, allucinogeno e impalpabile, che lascia il segno e il ricordo, nella speranza e l’attesa del ritorno.

(Paola Zuccalà)

 

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