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Vinyl Factory

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Rising records with love

n1650_artisti_e_pubblicoL’assalto ai bastioni dell’Arte con la A maiuscola da parte dei nipotini dei fans di Duchamp non si ferma, anzi sono coscienti di essere ad un passo dal prendere il controllo del mercato. Infatti durante la serata di venerdì 16 aprile 2009, al Rising Love di Via delle conce 14, a Testaccio, sono stati esposti, creati e distribuiti dischi di vinile e surrogati di cartone comunque dipinti, adatti a risolvere, grazie alla loro indubbia godibilità estetica, problemi di ordine amoroso, esistenziale, finanziario, lavorativo, accademico e coniugale.

A partire dalle 21 circa, maniaci dell’arte pop, graffitisti clandestini, devoti dell’hip hop, scanzonati fumettisti e altri freaks sono confluiti davanti all’ingresso alquanto industrial del Rising.Love in attesa che l’evento prendesse il via.
Già all’ingresso tutti i visitatori potevano munirsi dell’attesissimo catalogo, sgargiante e irriverente come un rasta flippato in un circo di pupazzi flosci e corredato, oltre che da moltissime e pirotecniche esemplificazioni della creatività su vinile – una specialità per giocolieri dei pennelli o degli uniposca, se preferite – anche dalle fulminanti ma pregne premessa, prologo e introduzione, di Demetrio Paparoni, docente di Storia dell’Arte Con-temporanea alla Facoltà di Architettura dell’Università di Catania, e di David Vecchiato, artista, curatore della Mondo Pop International Gallery e docente allo IED.

Il locale ampio e accogliente come i migliori lounge club si riempiva sempre di più di personaggi più o meno probabili ma mai out che, sorseggiando un drink al bancone stavano col naso per aria a soppesare la sfiziosa stranezza delle opere su Long Playing esposte sopra di loro, sulla lunga parete bianca, oppure a valutare con ammirato compiacimento la proiezione, sulla parete di fron-te, delle foto di Andrea Gullace.

Non è questione di accademismi impomatati o inamidati, è cruciale piuttosto la qualità degli n1675_Jeremyvilleartisti, e questa è sempre facile da certificare per uno sguardo non velato da pregiudizi e abituato a vedere le cose del nostro tempo con attitudine critica. Insomma, il dopo-Keith Haring ormai formicola nell’aria, e respirare diventa una performance, se uno non resta passivo. Con la preoccupazione di far intendere chiaramente al pubblico che questa esplosione di forme ironiche e trastulli estetici non finirà da un giorno all’altro, per questo finissage gli organizzatori hanno dato mandato al superguest Jeremyville dall’Australia di dipingere live una enorme tela preparata con un grande cerchio di colore nero al centro, tanto per evidenziare come, se si vuole superare il limite spaziale di 12 pollici del tradizionale disco, non è facile resistere alla tentazione di renderlo monumentale insieme all’opera grafica che lo fa “esplodere”. E se l’implosione sembra un affare da repressi, ecco Jeremyville insieme a David Vecchiato stipare questo spazio circolare nero con le sue consuete creature beffarde con i tipici occhi come buchi in una atmosfera acida da piccoli zombie-giocattolo; alcune di queste però, man mano che i due artisti “facevano a fidarsi” l’uno dell’altro, andavano oltre il bozzetto preparatorio schizzato su un tovagliolo al ristorante, e assumevano una veste da emanazioni di icone della cultura Pop: lo scheletro di Andy Warhol compariva assieme ad uno sgorbio ispirato a Marilyn, uno yeti refrattario alla ceretta impersonava Francis Bacon, mentre alcune figure restavano prive di faccia per simboleggiare l’astrattismo, e così i pop invaders bidimensionali di più augusto profilo e le enigmatiche forme “pure” si affac-ciavano dalla tela cercando di mescolarsi tra noi bestie di carne come infiltrati stralunati ed allusivi!

La formula è stata dunque la stessa che è stata tanto apprezzata lo scorso 22 marzo: si sono viste scene lacrimose o isteriche dettate dall’entusiasmo o dalla commozione quando gli artisti hanno consegnato i dischi customizzati; d’altra parte c’era stato chi, per “prenotarli”, aveva offerto i favori sessuali della zia o l’intera collezione di tubi di Smarties pieni e scaduti, ma bene hanno fatto l’accurato ed estroso Fidia Falaschetti ed altri ad offrire le loro opere semplicemente a chi li ricopriva di complimenti sinceri.

Hanno completato la serata le esibizioni live di due gruppi: gli Spiral 69, con le loro energetiche sgroppate trance-grunge, ed i raffinatissimi Ashram, un trio composto da voce, tastiera e violino (il violinista è comparso sul palco come ospite anche con gli Spiral 69, avendo suonato come session man anche sul loro disco). Gli Ashram hanno rapito l’attenzione dei presenti con un virtuosistico e drammatico evolversi di armonie corrispondenti forse al tormento di innamoramenti catastrofici sul ramage di piccoli accadimenti tra bosco, tundra, e metropolitana di Parigi.
Non molto pop, diremmo, ma, come riportato in epigrafe sul catalogo della mostra, Nietzsche scriveva, più o meno: “Che importa tutta la nostra arte se abbiamo perduto l’arte di far festa, di costruire momenti elevati e beati?” Mondo Pop e Rising.Love allora sono “sulla grande strada della festa dell’umanità”, e al posto dei calici hanno sollevato dischi. Con amore!

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