Gli Astrid Hotel iniziano con un drumming interessante, volutamente macchinoso, il brano “75 cl d’aria” portando avanti poi con un’incalzante chitarra ritmica, con distorsioni e organo polveroso, la descrizione di una sinistra monotonia.
I No Wow forse fin dal nome intendono far capire quanto loro amino la sobrietà al punto, magari, di dissuadere il loro pubblico, all’inizio dei concerti, dallo sprecarsi in gridolini e manifestazioni fracassone di apprezzamento e di giubilo.
Max Trani, laureatosi in filosofia per dare dei problemi all’anima e farla riflettere oltre la soglia delle comode convenienze, ad un certo punto ha sentito più urgente del solito la chiamata verso la carriera musicale ed ha preso la pillola rossa di Matrix, quella che consente, a costo di qualche sofferenza, di avere la consapevolezza di scegliere.
Raffaella Daino, fondatrice e fulcro del progetto Pivirama, con cui ha pubblicato i CD “Cosa sembra” e “In my mind”, ha un nuovo disco in lavorazione, intestato a lei come solista, tanto per consolidare l’aura rock del suo personaggio venutasi ad infittire strada facendo grazie ai suoi talenti di songwriter, cantante e chitarrista.
Senza Essenza non sono così come sono senza un perchè, e non lo sono per essere elusivi o perchè non hanno nerbo; al contrario, si sentono privi di quel qualcosa che dovrebbe essere il nocciolo d’un frutto ma che invece è sfuggente come una monade filosofica.
Popmatica (www.myspace.com/popmatica), non devo dirlo io, ma sono ad un livello in cui possono anche “fare tutto, farlo male” (“Meglio sbagliare”) perché una volta accorciati tutti i loro incisi in modo da non farli arrivare ai quaranta secondi, hanno ottenuto che tali incisi crunchati arrivassero al cervello e al cuore entro i primi due.
Gli Eyestree conoscono diramazioni dell’anima che dalle orecchie, tese a cogliere i passaggi della loro musica, conducono all’occhio, il cui nervo sovreccitato viene percorso da visioni splendide e tremule in cui la mente palombara si inabissa con un sorriso sghembo.
Andrea Cassetta, consapevole che qui in città in questo periodo dai Cassetti escono fuochi d’ar-tificio, insiste a lanciare messaggi pop-rock che tengono alta la concentrazione in tutta la squa-dra: “Cos’altro dovrei fare ora che non ci sei più, dimenticare la tua voce? Stanotte chiuderò i ricordi in un cassetto. Non l’apro più..!” e lo fa nel video “E’quasi Natale” come a sottolineare che i buoni sentimenti fanno fatica a svilupparsi in un contesto che non si è spurgato dalle paure: “Agi-sci d’istinto, trova le parole”.
Indie Boys Are For Hot Girls non fanno musica indie, a dir la verità, ma fanno girare tra platee soggiogate dal loro understatement, una quantità di note discreta ma suonata con impeto, che non impone decodificazioni ardue ma soddisfa quelli che come loro non si sentono da meno di quei bruti grezzoni che si vestono come principini per rimorchiare le ragazze che accettano solo gli inviti a cena all’Excelsior, oltre che i contratti artistici con cifra lasciata in bianco, ovviamente.