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Mombu_ Mombu

MombuPer essere un musicista bisogna essere dotati della conoscenza scientifico-razionale e di una buona dose d’istinto che io uso chiamare sensibilità primordiale”. Prendo in prestito l’introduzione ad un laboratorio musicale tenuto dai due musicisti in questione, ben conosciuti nel giro jazzcore romano (e non solo), per introdurre il loro disco. Perché loro quasi in incognito, dietro la maschera terrificante di Mombu, con solo sax e batteria riescono prendere a testate parte razionale e emozionale.

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Masoko_ Le Vostre Speranze Non Saranno Deluse

Quel che probabilmente è successo ai redivivi Masoko non è poi rarissimo. Una decade di onorata carriera da hipster idols, la loro, uniformemente spesa tra finissimo gusto vintage per il recupero revivalistico-enciclopedico in chiave pop della new wave che fu (ma proprio TUTTA), riconoscimenti mai del tutto privi di fondamento ma spesso spropositati che li vorrebbero geni variamente compresi e/o purissimi paladini del per pochi, e soprattutto live a pioggia a dar sfogo a talento e stile.

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Marco Rò_ Un Mondo Digitale

Poche cose possono essere difficili da inquadrare come i contorni dell’eterna questione della libertà autoriale di un musicista. O almeno: non per più di qualche minuto. Specie se ci si abitua all’idea di fondo per cui entrare in contatto con il mondo di ogni artista ripropone lo stesso problema di una traduzione: mentre lo si decifra, ci si rende conto che è piuttosto fisiologico che qualcosa finisca per andar perso.

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Violapolvere_ Spazi

violapolverePossono non esserci molte cose più difficili che essere una band onesta. In che senso, dite?
Pensateci: avere un’immagine ( e – che non è la stessa cosa! – un immaginario) senza diventare degli sparapose da competizione; prendersi tutta la fatica di scrivere per creare un contatto con l’esterno senza mai tradire il principio di urgenza, verità e qui-e-ora, epperò ambire a vivere di questo come di un lavoro senza mai porsi come messia calati dal cielo per svolgere missioni per conto di Dio; avere uno stile, ma non essersi mai potuti (né voluti, né vivaddio dovuti) agganciare a questo o quell’estemporaneo fiumiciattolo modaiolo per avere altre orecchie all’ascolto.

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Dola J Chaplin_ To The Tremendous Road

dola1Ci sono dischi che nascono nell’intimità di una stanza, mentre qualcuno giocherella con una chitarra, altri che nascono per strada mentre si osserva il mondo, in entrambi i casi se le note vengono dal cuore sono un viaggio nell’anima di chi l’ha scritto. Sicuramente To The Tremendous Road rientra in quest’ultimo caso.

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Stereokimono_ Intergalactic Art Cafè

Stereokimono - Intergalactic Art CafeCi sono circostanze in cui ci si sente imperdonabilmente fortunati a scrivere di musica. Non tanto o non solo per i dischi (sì, non rompete: ha ancora senso chiamarli così) o le canzoni, o insomma per il loro contenuto (che alle volte decisamente sovraccarica quantitativamente le orecchie e rischia pericolosamente di farci concordare col buon Cristiano Godano che intervistato dalla nostra Chiara Macchiarulo notava la forbice che la diffusione digitale crea fra l’offerta musicale e la sua domanda): no, non è lì il (solo) motivo di questo senso di fortuna.

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