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LA (SUB)URBAN ART DEL POP UP! FESTIVAL

Per una persona nostalgica come me nata negli anni ’80, avere trent’anni nel 2015 vuol dire convivere con una sorta di iper-criticità nei confronti di tutte quelle abitudini quotidiane così diverse dalle mode seguite nel decennio dei paninari e del Festivalbar. Diverse in peggio, ovviamente.

Vuol dire rimpiangere l’era in cui Whatsapp non esisteva e Zuckerberg si schiacciava i brufoli davanti lo specchio, invece di partorire quel sistema di stalkeraggio semi-legalizzato che è oggi Facebook. Vuol dire commuoversi davanti ad un Nokia 3310 perché “che ne sapete voi, figli di Ruzzle, delle ore passate a giocare a Snake”, o davanti ad una musicassetta vicino ad una penna perché “come riavvolgeva il nastro la Bic, mangianastri spicciame casa”.
Ma avere il dna con i capelli cotonati non è solo dramma e disagio. Significa soprattutto saper riconoscere tutte quelle espressioni artistiche che vent’anni fa costituivano il sottobosco delle contro-culture, riuscendo a valorizzarle al punto di erigerle a nuova tendenza.

E’ il caso della street art, vista negli anni ’80/’90 solo come azione deturpatoria dei luoghi pubblici, e ad oggi utilizzata come vera e propria tecnica per aggiungere qualità estetica nella riqualificazione urbana. L’evoluzione delle “tegghe”, in sostanza, divenute opere d’arte su muro. Non è una novità affermare come la street art stia radicalmente cambiando il volto delle città, in particolare dei quartieri più popolari e meno chicchettosi, quasi a voler sottolineare la provenienza di questa espressione pittorica. Il popolo che abita quegli stessi muri da riqualificare come punto di partenza. Il popolo da rieducare e da sorprendere.

Sappiamo bene però come l’Italia sia composta in realtà da poche città metropolitane, e da tanti, tantissimi paesi spesso lasciati un po’ al grigiore di sé stessi e fuori dal circuito artistico delle metropoli.
E sono proprio gli abitanti dei piccoli centri i soggetti da stupire per il POP UP! Festival, la rassegna di arte contemporanea urbana che si svolgerà dal 29 maggio al 1° giugno nei Colli Esini Frasassi, Marche. Tema dell’edizione di quest’anno il Paradiso in senso naturalistico e quasi biblico, illustrato e reinterpretato dalla mano di artisti di fama nazionale ed internazionale (Lucamaleonte, Zio Ziegler, 3ttman, Zosen, 2501…). Piante, fiori, animali, cielo, favole e storie di uomini coloreranno per quattro giorni la Cava di Arcevia, le Stazioni Ferroviarie di Fabriano, Serra San Quirico, Castelplanio, le aziende vinicole del Verdicchio di Matelica e dei Castelli di Jesi, modificandone completamente la fisionomia. Installazioni temporanee e permanenti, performances di live art e di videoarte, workshop, eventi musicali e gastronomici sbucheranno fuori proprio come in un libro pop up nei luoghi e sulle architetture più inaspettate, grigie e quasi fastidiose alla vista della comunità (i silos granari del porto di Ancona, ad un passo dall’abbattimento e poi investiti nel 2008 dalle visioni di Blu ed Ericaeilcane, ne sono un esempio).

Il POP UP! Festival, prodotto da MAC Manifestazioni Artistiche Contemporanee, si pone quindi l’obiettivo di far riscoprire il territorio ai suoi abitanti seguendo la definizione stessa di “pop up”, riadattata però in termini artistici: un’illustrazione che appare all’improvviso per descrivere più in dettaglio un elemento suburbano, le bellezze della nostra Terra che spesso trascuriamo o lasciamo morire.
Sfruttando la filosofia fanciullesca dei libri illustrati tridimensionali che tanto leggevamo da piccoli, le installazioni della rassegna si candidano ad essere promotrici di un cambiamento negli occhi di chi le guarderà. Agendo dall’interno, nel dna dai capelli cotonati sicuramente non per tutti, ma per tutti costituito da legami tra la parte adulta ed il lato bambino sopito.
Perchè tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano.

www.popupfestival.it

Isabella Di Bartolomeo

arte contemporanea, FestiVAL, marche, Pop Up, street art

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