EXIT- Emergenze per identità teatrali
L’ultima notte di Cesare Pavese
La Compagnia Abraxa Teatro ha partecipato alla rassegna portando in scena il 14 e 15 aprile lo spettacolo dal titolo L’ultima notte, una dedica insolita alla vita di uno dei più grandi scrittori italiani dello scorso secolo, Cesare Pavese. Attraverso la vicenda di due personaggi, un uomo e una donna, gli attori Massimo Grippa e Ilaria Cenci hanno cercato di ripercorrere le ore dell’ultima notte della vita dello scrittore piemontese, il quale a soli 42 anni si tolse la vita il 27 agosto del 1950 in una stanza d’albergo a Roma, portando via con sé l’ardore e la passione di un’esistenza immersa nella scrittura e devota all’insegnamento.
Ma i due attori hanno voluto raccontare a tutti gli spettatori soprattutto quegli ultimi istanti della sua vita, trascorsi forse a rievocare i suoi successi, le sue opere che vengono recitate sul palco come i versi di Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi, ma anche alcune battute de I dialoghi con Leucò, ovvero l’opera in cui lo scrittore ha cercato di stabilire un contatto con la mitologia e i suoi simboli, come l’amore, l’amicizia, la vita e la morte, tematiche fondamentali nella carriera letteraria di Pavese.
I due attori si rivolgono al pubblico in modo molto leggiadro e gli spettatori accolgono lo spettacolo restando in silenzio, ascoltando le parole che vengono proferite in sala, quelle del sottofondo che incorniciano la performance già corredata di musiche e danza che a loro volta sottolineano la ricercatezza linguistica delle opere dell’autore.
Un grande lenzuolo bianco steso tra il pavimento e il letto avvolge i due attori, come un abbraccio, un pensiero che si rivolge allo scrittore piemontese. Quali pensieri avranno tormentato la sua mente prima di togliersi la vita? Avrà forse ripensato alla sua storia travagliata, alle conquiste letterarie, all’incarico come insegnate, all’accusa di antifascismo e la successiva condanna, alla guerra e alla sua distruzione, forse all’adesione al partito comunista o magari al suo soggiorno a Roma. Ai suoi successi letterari, al Premio Strega ricevuto per la pubblicazione di La bella estate? Tante sono le domande che affliggono gli attori e gli spettatori, anche loro ormai incagliati in questo labirinto di forte emozioni a cui non ci si può sottrarre. Pavese rivive in ogni parola che viene recitata, in ogni verso che proviene dall’alto, in ogni suono che accompagna lo spettacolo. E quando dei piccoli fogli rossi cadono sul lenzuolo bianco e sul letto dove si adagia il corpo dell’attore, vengono in mente migliaia di immagini come la solennità della morte, la sua tenacia nell’appropriarsi di una mente e di un cuore ormai silenti. O forse proprio la morte viene considerata come un nuovo verso, o una nuova prosa con cui essere ricordato. Tutto si è compiuto e silenziosamente si spengono le luci, mentre gli attori raccolgono l’applauso, meritato, da parte del pubblico.
Eva Di Tullio
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