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Rezza Antologia al Teatro Vascello

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Fotofinish: le trasformazioni di Rezza

FotofinishAntonioRezza1La galleria di deliri che danno vita e compongono lo spettacolo Fotofinish firmato Rezza-Mastrella in scena al Teatro Vascello dal 14 al 19 dicembre continua, come tutte le performance ideate e rappresentate dai due artisti a riscuotere successo e a colpire il pubblico negli anni.
Un contatto forte, violento, quello di Rezza con gli spettatori, con l’Altro in generale. Contatto che parla di una grande solitudine, del sentimento di solitudine che molto spesso accompagna l’essere umano nella sua esistenza, e che l’artista sceglie sempre di affrontare nei suoi lavori e che è messo a tema anche in Fotofinish.
L’intreccio è ormai noto: un uomo solo comincia a scattarsi delle fotografie per sentirsi meno abbandonato, ma fingendosi sempre qualcun altro e moltiplicando la sua immagine non riesce mai a catturare quell’attimo che possa fissare e bloccare la propria identità e quella solitudine che gli fa compagnia e che è l’assenza di chi non gli è vicino.
Il protagonista quindi delira, impazzisce, ma mai completamente, perché il percorso di ricerca di un’identità definita e stabile, che riguardi la realizzazione professionale, i passatempi e le passioni o le tendenze sessuali, è un cammino in continua trasformazione e presa di coscienza individuale della mancanza di un senso definitivo alle cose della vita, che porta però alla consapevolezza che la sensatezza risiede proprio nella serenità dell’accettazione che un senso che si dia una volta per tutte non è concepibile e reale.

Armato della solita personalissima capacità d’improvvisazione, di mille voci e facce diverse, e coadiuvato da un muto compagno di giochi, Rezza ci prende in giro, ci violenta, ci mette a nudo davanti a noi stessi e – sempre come al solito – mette a nudo se stesso (e non è una metafora) provando un gusto narcisistico a farsi vedere come mamma l’ha fatto in gesti che non richiamano di certo all’eleganza.
Tutto si conclude con la guerra catartica, che purifica ogni male. Il pubblico diventa una specie di popolo ebreo- afgano- iracheno, mentre dall’altra parte una specie di squadrone della morte porta a termine il proprio piano di distruzione. Alcuni spettatori sono prelevati e condotti fuori dal palcoscenico dove sono giustiziati e il loro corpo viene depositato a terra, catturati nel turbine dello spettacolo e diventati a loro volta e loro malgrado attori, oggetti scenici e strumenti dell’azione. Alla fine della guerra i capi nazisti si trasformano in erotomani folli che palpeggiano i deretani dei poveri e imbarazzati malcapitati, che partecipano dunque attivamente al recupero di parte dell’identità del protagonista, che nella sua comicità disperante afferma in poche parole che lui è solo un attore e che ha fame.
Infranti tutti gli specchi, superate tutte le trasformazioni e i deliri immaginifici di passaggio, la lucidità si riacquista e lo spettacolo offerto da Antonio Rezza è sempre una sfida in cui vale la pena imbattersi, per portare a casa il trofeo di una scossa paradossalmente positiva nei confronti della vita.

Alice Salvagni

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