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Rezza Antologia al Teatro Vascello

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Io, Rezza e basta

rezzaSecondo appuntamento con Antonio Rezza e Flavia Mastrella con Io, spettacolo geniale del 1998.
Questa volta i teli lasciano la scena a sculture di tessuto più dinamiche e colorate con forme decisamente più complesse, in cui prevale il cerchio, ricami di pizzo, innesti di materiali diversi.
L’opera della Mastrella è sul palco per accogliere il performer, trasformarlo e deturparlo in una miriade di personaggi impossibili e geniali in modo malato.
Tra loro, Io è quello che torna a più riprese piombando frenetico da dietro le quinte, legando i diversi momenti dello spettacolo fatto di brandelli incomunicabili. Io è figlio di Noi di cui ci viene narrato il primo rapporto completo, quello in cui alla fine si strilla tutt’e due. Io è Narciso, si impone urlando “Io Io!”, ha solo un se stesso come amico e te stesso come nemico.
Apparentemente sconclusionato, il suo discorso esprime un concetto ben preciso: la morte è inevitabile ed è inutile affannarsi a vivere. Io sente il puzzo della morte nei vivi ancora in vita, Io odia gli abbracci, se vede i bambini si incazza. Io odia chi si sbatte tanto per farcela. Io era già stato nella mangiatoia, ma non ha detto nulla.

Un po’ di personaggi: due genitori che vorrebbero un bel figlio moretto alto per non essere scavalcato in società; una radiologa che fa lastre sui cappotti; una partita di calcio tra giocatori Beppe e palline sputate al pubblico. Un uomo che piega “lenzola”, che le ama e si accoppia con loro, ma poi, con tutto il suo seme, dopo un anno sente il peso del passato e decide di partire per la galassia.
Un alto uomo invece si fa la doccia canticchiando completamente nudo e si strofina ovunque per poi elargire carezze alle prime file. Il tutto dopo alcune scene, così che gli ignari spettatori hanno dimenticato dove ha rovistato quella mano… E ogni tanto spunta anche un Sandro Mazzola con i baffi.
Stavolta il rapporto col pubblico, cioè gli improperi distribuiti a chiunque si azzardi a dire o fare qualcosa di notabile, è un più ridimensionato e si limita a qualche pallina sputata e alle già menzionate carezze post-sfregamento delle zone erogene dell’attore.
Stavolta l’attenzione è concentrata sulla performance, sul folletto che si dimena in ogni scultura di Flavia Mastrella e in quel mondo fantasmagorico che la sua fantasia visionaria sa creare.
Stavolta le scene sono estremamente atomizzate e trovano nel loro esprimersi il senso iniziale e finale del loro perché: è fantasia pura che fugge l’accostamento con il sempiterno assurdo significato.
Stavolta è solo Io.

Francesca Paolini

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