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L’arte della fuga

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[TEATRO]

foto_arte_della_fugaROMA– Un testo raffinato e un’interpretazione elegante sono il punto di forza de L’Arte della fuga (di Roberto Garcìa), lo spettacolo in scena al Teatro Stanze Segrete a Trastevere dal 7 al 19 dicembre.

E’ bene mettere subito in chiaro e avvertirvi che se siete in cerca di un tipo di intrattenimento di pura evasione e svago L’Arte della fuga non fa per voi, ma se invece si ha voglia di tuffarsi per poco più di un’ora in una vicenda che affronta questioni esistenziali importanti, ne uscirete sicuramente soddisfatti.
Ispirato all’opera incompiuta e postuma di Johann Sebastian Bach, L’Arte della fuga narra la musica – intesa come “colta”, volendo usare una definizione piuttosto datata, ma tanto per capirsi – e la passione della musica da numerosi punti di vista: la musica come passione, come semplice studio meccanico, la musica come spunto per mettere in scena uno spettacolo che racconta la musica stessa attraverso la vita di un grande musicista come Glenn Gould. In questo senso, la musica come ossessione di un genio, come ragione di vita o come causa principale e ultima di ogni frustrazione.

Il regista Paolo Pasquini, la pianista, attrice e co-regista Marta Scelli e l’interprete Massimiliano Giovanetti portano infatti in scena uno spettacolo che dal tema centrale della musica si dispiega in diverse direzioni, l’una rinviante all’altra, in questo senso rappresentata bene da/negli specchi che compongono tanta parte della messa in scena, per mettere a fuoco uno dei grandi quesiti che fin dagli albori accompagna quest’arte, ovvero la domanda fondamentale che si interroga sulla problematica se la musica possa essere riconosciuta come espressione o come forma.
E’ così che, in una bellissima carrellata musicale che passa dai Notturni di Chopin alle fughe di Bach, dai quadri sinfonici di Mendelssohn ai quartetti dell’ultimo Beethoven, L’Arte della Fuga si muove lungo questo dilemma che nello sviluppo del dramma si incarna nel pianista di fama e Maestro, nonché protagonista dello spettacolo, che prima dando voce alle seducenti ragioni del contenutismo, poi rovesciando violentemente la partita in cerca della pura emozione musicale, e in ultima battuta liberando la musica da ogni contenuto espressivo o emozionale e riconoscendola come pura vibrazione fisica di suoni, si appassiona ai suoi discorsi fino ad impazzire, e accompagna lo spettatore in un viaggio che è senz’altro impegnativo, ma anche creativo e brillante.

Alice Salvagni

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