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Girotondo di Arhtur Schitzler

LocGirotondo
[TEATRO]

LocGirotondoROMA- Girotondo è una pièce che lo scrittore austriaco Arthur Schnitzler scrisse a fine Ottocento, facendo scandalo tra la società alto-borghese di Vienna per la temerarietà e la fredda acutezza con cui tratteggiava, maneggiava e maltrattava le figure-emblema di quel particolare contesto  temporale.

Ugo Gregoretti la ripropone ad oltre un secolo di distanza, dal 10 al 28 Febbraio,  nella Sala Orfeo del Teatro dell’Orologio, mantenendo un’estrema fedeltà al testo e all’ambientazione di partenza, affidandosi ad una recitazione che sceglie un impianto molto letterario, arrivando spesso a raddoppiare l’azione scenica con il racconto quasi didascalico della stessa.
In bocca ad uno stentoreo Carlo Del Giudice, il maggiordomo e “presentatore”- spettatore, il testo di Schnitzler diventa ulteriore materiale da mettere in scena – e non solo scritto da “agire” – per un’opera che nel suo continuo farsi e disfarsi, nelle veloci ellissi, nel cambio dei costumi e negli adeguamenti scenici tutti ben visibili al pubblico, assume più le sembianze di una grande prova generale che quelle dell’ordinario momento in cui si cade nell’illusorio patto finzionale del rivivere azioni altrui.

Articolandosi in dieci atti unici di breve durata, tableux vivants in cui due personaggi Girotondo1(Giangiacomo Ladisa e Fatima Scialdone), di volta in volta e con un meccanismo ad incastro, indossano gli abiti e le ipocrite ritualità di condizioni sociali diverse (la prostituta, il soldato, la cameriera, il giovane signore, la giovane signora, il marito, la ragazzina, il poeta, l’attrice, il conte), Girotondo, nell’eccesso di rappresentazione e nella soffocante penuria di respiro vitale, diventa forse  la metafora di una certa mai tramontata condizione borghese, costretta ad assegnarsi un ruolo, un personaggio, una tipologia caratteriale, un obiettivo, per non crollare, sfaldarsi e perdere il senso di tutta l’impalcatura di cui è insieme costruttrice, abitante e demolitrice.
Suggerendo che la sopravvivenza della coppia si nutre spesso di un avido gioco dei ruoli e di strategie relazionali che, tra variazioni e immancabili iterazioni, procedono nella dialettica irrisolta del sesso senza amore e nella nostalgia d’una purezza perduta, quella dell’atto non consumato, dell’evento non compiuto, del momento del pensare che basta e sopravanza in profondità ogni corpo a corpo dei sensi.

Salvatore Insana

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