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Debuttano i nemici di classe

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[TEATRO]

nemico-di-classe-3ROMA- “Siamo solo noi, che non abbiamo vita regolare, che non ci sappiamo limitare”. Sulle note del leggendario pezzo di Vasco si apre la scena di Nemico di Classe, opera di Nigel Williams riadattata alla contemporaneità e diretta da Massimo Chiesa e interpretata dagli attori di The Kitchen Company. Il 16 febbraio abbiamo assistito alla prima dell’opera che sarà al Teatro Italia di Roma fino al 7 Marzo.

La storia è quella dei sei elementi – tutt’altro che raccomandabili – che compongono la classe 5C, ragazzi violenti ed emarginati che nessun professore vuole tentare di redimere. Nell’attesa che qualcuno arrivi, i sei passano il tempo dandosi a turno lezioni per imparare qualcosa di veramente utile (sesso, giardinaggio, cucina, razzismo). Tutta l’azione avviene all’interno di un’aula claustrofobica ingombra di scritte in cui l’aria entra solo grazie alla porta che dà su un corridoio invisibile. Sembra di essere alla fine del mondo, in un luogo dimenticato dove non c’è messia che voglia entrare. Nessun professore si avvicina, nessuno vuole interessarsi a ragazzi ormai persi, rifiuti di una società che tiene per sé solo il meglio, i più bravi, i più buoni. Loro lo sanno eppure restano in quella classe che vorrebbero distruggere, imprecano contro tutto, ma scelgono di rimanere. L’attesa di qualcuno che “dovrà pur venire” è il loro grido disperato verso l’indifferenza di chi non li vuole. Mentre i dialoghi si sovrappongono, mentre volano parolacce e offese pesanti – la lingua quotidiana di questi teppistelli- arrivano accenni alla vita di ognuno, che altro non è che disperazione privata: i genitori ciechi di Spillo, la prostituzione di Kermit, il padre disperato e solo di Broz.
I diversi personaggi esemplificano ognuno un esemplare del branco: Iron è il capetto forte di muscoli e arroganza; Kinder è l’extracomunitario; Spillo, il secondo capo rispettato da tutti; Kermit è il jolly della banda; Broz il soggetto più debole e Bago, il leccapiedi del più forte. A loro si unisce un professore, codardo e crudele verso quella che considera spazzatura umana, evidentemente.

I sette attori (Luca Avagliano, Gabriele Bajo, Nicola Nicchi, Daniele Parisi, Giovanni Prosperi, Carlo Zanotti, Giorgio Regali) tutti giovani intorno ai 30 anni, hanno saputo dare un’ interpretazione efficace sviluppando le caratteristiche dei rispettivi personaggi e caratterizzandoli con gestualità tipiche dei ruoli che ricoprono.
Sotto la lente di ingrandimento teatrale si possono osservare le dinamiche attuali che vanno sotto l’etichetta di “bullismo”. I ragazzi sono guidati dalla pura istintualità e il fatto che questo lato animalesco si sviluppi all’interno della scuola, l’istituzione che dovrebbe contribuire a una cultura civile, illumina lo svuotamento del valore dell’educazione.
Tematiche attuali, insomma, che non si tingono però di alcuna sfumatura politica: nessun paragone nemico-di-classe03pasoliniano in questo caso, a cominciare dalla lingua. Il branco si esprime con cadenza romana, ma mai romanesca, quindi, il mimetismo linguistico è volutamente evitato. Sembra che, più che parlare tra loro con la propria lingua, i ragazzi cerchino di rivolgersi all’esterno, a quel mondo tanto odiato quanto agognato poiché li esclude. In quest’ottica, la lingua ripulita dal dialetto è un ponte verso gli altri, proprio come lo è quel corridoio che nessuno vuole percorrere fino in fondo.

Dal punto di vista della regia, le dinamiche di gruppo sono sottolineate dalle dinamiche spaziali: gli attori salgono e scendono dai banchi, si mescolano come carte al cambio ideale di ogni scena, usano sedie e oggetti creando movimenti continui che accompagnano il flusso dei dialoghi. Poi, d’improvviso, una frase o un momento topico sono sottolineati dallo stop generale che crea l‘effetto di un quadro drammatico. Di grande impatto, in questo senso, sono il momento iniziale, la ripresa del secondo tempo e la scena finale, quando gli attori appaiono per alcuni istanti immobili in un fermo immagine intensamente cinematografico.
Il testo di Williams è stato portato in Italia per la prima volta nel 1983 a Milano, lanciando attori come Claudio Bisio, Paolo Rossi, Riccardo Bini e lo stesso Elio de Capitani che ne firmò anche la regia. Sotto l’auspicio di cotante stelle, la giovane compagnia The Kitchen Company si conferma, dopo l’affollatissima pièce The Kitchen (32 attori in scena contemporaneamente), una validissima esperienza di teatro emergente a cui vanno i nostri migliori auguri.

Francesca Paolini

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