IV appuntamento al MArteLive 2008: SUD. Suoni di tradizione
Il_7 sulla Pittura- IV serata
Amalia Caratozzolo incide e scava forme di linoleum e le imbeve di colore usando poi queste matrici per ottenere delle stampe a pressione piuttosto grezze, che si impongono all’occhio come timbri simil-xilografici, ritratti di sintesi estremamente iconici, sorta di marchi madonnari post-bizantini che raffigurano altrettante martiri in un’ascetico bianco e nero.
E se queste immaginette sono marchi d’infamia, lo sono perché rimandano a dei maschiacci senza cuore di cui le sante sono rimaste vittime, secondo la stessa spiegazione fornita dall’autrice. Non saremo noi ad accreditare l’ipotesi indiscreta secondo cui la Caratozzolo stessa ha incontrato un seminarista subdolo e poco devoto; rispettiamo il suo riserbo, e ci uniamo al suo duolo nel rimpiangere il tanto tempo sprecato a cercar di redimere un falso angelo. L’artista, nota ai lettori delle riviste Blue e Fefé per i suoi testi satirici, dichiara, messa alle strette, di non avere poi tutta questa vocazione per il riscatto dei peccatori, ma “le sante hanno delle storie strane”, si sa, ed anche se lei non è credente, ha ritenuto di rendere un accorato omaggio alle donne e alle tradizioni religiose della sua terra, la Sicilia, serializzando la loro santità in queste lunghe sequenze, interrotte a tratti da un ex voto!
Flavio Romani lascia che lo spazio venga corroso da un un espressionismo polimaterico in cui la foga gestuale è supportata da strumenti come super-spatole addentellate, strisciate di cartone strapazzato e riporti di terra misti a colore o colla, per rendere accidentata e avventurosa la superficie dei suoi pannelli, comprese le bruciature tonde sulla plastica. L’atteggiamento con cui procede non è comunque orientato sempre ad una drammatizzazione dell’atto creativo, perchè la visceralità è comunque temperata da un uso esuberante del colore, anche se certe granulosità ottenute con ghiaia, in qualche angolo sembrano pronte a creare escoriazioni! L’approccio anti-intellettualistico lo allontana sensibilmente dai suoi modelli: Rauschenberg, Burri, Fontana tuttavia le forme trasparenti di plastica squagliata, che Romani dice di essersi procurato avventandosi su scarti di plastici architettonici, sembrano promettere futuri assestamenti dello stile.
Marco Matrone sfoggia un disegno accurato che restituisce con precisione e cura nella costru-zione geometrica, i tratti di volti dalla nobiltà guerriera – un faraone, un indio – incastonati in un gioco di linee e spazi modulati con fluidità. Ama far risaltare queste fattezze ieratiche su sfondi non figurativi perché ciò gli consente di canalizzare il fuoco e la direzione degli sguardi dei fruitori lungo le direttrici fornite da segni grafici quali linee e frecce, vagheggiando uno smarrimento percettivo che può accendere reminescenze di Klee o bloccarsi sugli sguardi magnetici di queste figure orientaleggianti la cui verticalità solo a livello inconscio può spiegarsi con la affascinata ri-cerca di un principio d’autorità.
Il giovanissimo Livio Fontana si dedica attualmente all’assemblaggio di ritagli vivacissimi che compongono immagini sfacciatamente pop. Il suo collage è di una voracità entusiasta e onnivora, e non si nega scolature nere che scendono giù come bistro sciolto dagli occhi di una femmina aggressiva quanto basta per farsi blindare il primo piano da strisce metalliche ai lati. Anche se l’obiettivo sembra essere una forma di Art Brut alla Enrico Baj, Fontana ancora si sta distaccando da una certa ingenuità naif evidente e forse cercata nelle sue prime prove, che esponeva in fotografia. La sua ricerca è ancora in corso, e nulla può precludergli la conquista di una maggiore accuratezza.
Un’ultima notazione per lo special guest Damiano Tullio, già vincitore del contest lo scorso anno, le cui valenze culturali e antropologiche risultano tanto consapevoli da accendere di un magnetismo misterico le sue creazioni, la cui matericità urla la sua arcaicità con tutti i materiali e gli strumenti del suo operare, che se non avesse un sostrato religioso ptrebbe essere avvicinato per pregnanza e ammirevole povertà a quello di un Joseph Beuys. Complimenti.
(Marco Settembre)