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Il Circolo incontra Moltheni

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i_segreti_del_corallo-moltheni [MUSICA]

Ancora una volta ci si ritrova al Circolo degli Artisti, pronti ad ascoltare musica, e questa volta a presentarla sarà un particolare e intenso uomo: Umberto Giardini, in arte Moltheni, una strana anomalia che ormai da 10 anni viaggia tra le vibrazioni della musica italiana.
L’attesa prima della sua esibizione verrà colmata dai Maledia, che con una chitarra acustica, una elettrica ed una voce racconteranno con poche canzoni la loro musica accompagnati da luci blu, nella quiete apparente, luci rosse per “Favole inutili”, brano che parla di un amore tra due donne e luci verdi per il loro finale.

Passano pochi minuti e dal buio, una luce bianca inonderà un angolo del palco pronto ad accogliere il cantautore che, accompagnato dalla sua chitarra acustica, aprirà il concerto con “L’attimo celeste (prima dell’apocalisse)”, uno dei tanti brani tratti dal suo ultimo lavoro. Si unirà a lui la chitarra elettrica e poi un ipnotico pianoforte, “Ferro già ruggine” per un urlato malinconico. Lentamente si uniranno gli altri strumenti, come un pugno allo stomaco che colpisce ed emoziona.
Dopo strani segnali fatti al fonico, sarà il turno dell’unico brano tratto dal primo album di Moltheni Il circuito affascinante, “L’età migliore” che, dopo un momento di luce e suoni aperti, si chiuderà con un gelido accordo minore. Verrà subito il saluto del cantautore: “ciao a tutti, sempre stupendo essere a Roma“.

Con “Oh,morte” si aprirà una lunga fetta del concerto dedicato al suo ultimo lavoro: I segreti molthenidel Corallo. Una luce blu per una spiaggia invernale e fredda, brezza gelida prima di un raggio di sole. Chiusi gli occhi, la musica si ferma per un attimo, per un breve respiro. Si ricomincia, inizia la corsa e dopo l’affanno la fine.
La cupa e malinconica “Vita Rubina” mostrerà la sua bellezza. Ed io immobile ad assaporare la momentanea energia che lentamente si spegnerà. Dopo “Gli anni del malto”, “In porpora” nel nuovo arrangiamento de I segreti nel corallo. Struggente e commovente racconto tra angeli e demoni, come un folle che cammina senza meta e ogni tanto esplode: strofa lenta aspettando il ritornello intenso. Brevi attimi di estasi e confusione tra parole taglienti e piene di desiderio e dolore.
Un momento di leggerezza con “L’amore acquatico” in cui il cantautore canterà sorridendo alle prime file e con “Nella mia bocca”: “un po’ di psichedelia che fa così” con lui e il basso ad iniziare. 

L’atmosfera si riscalda e durante “Il bowling”, canterà anche il pubblico, trascinato da un basso travolgente e affascinante (difficile non essere coinvolti dal bassista che si “dimena” al centro del palco) con un battito di mani ad accompagnare la voce.
Si ritornerà alle atmosfere fredde con “Montagna nera”, equilibrata, tra lo stesso tempo e ritmo, che si trascinerà lentamente fino alle fine con solo la voce mentre, durante”Suprema”, intensamente tra urla e rabbia, lo “strano”uomo si contorcerà guidato dalla musica prima del saluto finale.
Dopo pochi secondi, risalirà sul palco con uno cappello e la sua chitarra per eseguire “Corallo” che incanterà tutti con la sua dolcezza, in silenzio, un silenzio assoluto per ascoltare che “non moriremo mai“. 
E’ il momento di “Petalo”, inedito che risale agli esordi di Moltheni, mai inserito tra i suoi album e presentato con un nuovo arrangiamento. Un saluto prima dell’ultima canzone: “Non lo dico ovunque vado, veramente. A Roma devo tanto. Ciao ciao ciao
“Eternamente nell’illusione di te” canzone calda che parte senza paura, il ritornello si apre: “quanto mi manchi, rimani…domani“. Dopo momenti di sola voce un intenso momento strumentale, psichedelico e ipnotico. 

 Un artista fuori dal comune, che apre il suo mondo tra attimi di delicata poesia malinconica e di graffiante rabbia, tra atmosfere ipnotiche e psichedeliche. Un uomo in grado di creare intorno a se un magico alone luminoso, nella semplice umiltà del suo sorriso. Ecco chi è Moltheni: un uomo artista che non raggiunge mai il centro del palco donandosi dal lato fino ad arrivare agli applausi di fine concerto, i meritati applausi che il pubblico non risparmia consapevole del dono ricevuto.

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