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Non puo’ il silenzio…

[LETTERATURA]

Non può il silenzio ottundere lo spirito, non può non essere disciplinato. Il silenzio discrezionale che evita clamori inopportuni su vicende private dall’alto coefficiente emotivo (vedi il caso Englaro) è un’opzione valida come forma di rispetto, mentre non può essere assecondato il silenzio indifferente, aggravato da imbarazzi borghesi nel senso più deteriore del termine, nei confronti di storie di resistenza o di opposizione al disagio che si pongono come straordinarie nella loro quotidiana ordinarietà e permettono a tutti di guardare con occhio più cosciente al senso della vita e ai valori a cui essa dovrebbe essere improntata.


E’ di disabilità come di una delle tante forme di diversità, che si è discusso nel convegno tenutosi lo scorso 16 Febbraio nella cornice istituzionale della Sala Conferenze di Palazzo Marini, afferente alla Camera dei Deputati. L’occasione è stata fornita dalla pubblicazione del libro Il treno della mia vita, in cui la giovanissima autrice Eleonora Romano ripercorre con semplicità e sincerità le tappe di una vita problematica sin dagli inizi, a causa di un difficile parto prematuro, ma che lei, con il supporto della famiglia e di diversi professionisti, ha percorso con determinazione alla ricerca di una dimensione ottimale di consapevolezza e disponibilità. E’ altresì vero che gli stessi psicologi hanno la consuetudine di prestare il loro servizio in stanze chiuse senza molte occasioni di comunicare all’esterno i risultati del loro lavoro, mentre in questa occasione è stato possibile farlo; è confortante sapere che esistono persone che, partendo da un semplice gioco, riescono a coinvolgere persone come Emanuela in una sfida che va nella direzione di un miglioramento progressivo delle capacità logopediche, fino ad esprimere anche quel pensiero astratto, meno immediato, che è più ostico da comunicare.

Il giornalista e conduttore radio-televisivo, Giovanni Anversa, moderatore dell’incontro, partendo dal caso di Eleonora ha inteso evidenziare il ruolo della scrittura nel comunicare la disabilità; si tratta di un gesto di libertà che affranca dall’isolamento e dai propri limiti psicologici, ed è utile dunque sia per capire la propria identità sia per fornire un atto di responsabilità verso gli altri e verso la Storia. Per questo motivo è stato creato un contesto articolato, sinergetico, aperto per il futuro ad ulteriori prospettive di sviluppo, in cui anche altri soggetti, altre storie, altre vite, oltre a quella di Eleonora, potessero illustrare i diversi modi in cui hanno reso le loro esperienze patri-monio comune.
In quest’ottica si sono succeduti dietro al microfono sia persone portatrici di diverse abilità che con coraggio hanno messo pubblicamente in gioco le loro reazioni alla loro condizione, sia scrittori di mestiere che hanno raccontato il loro incontro con la disabilità portando alla luce anche i preconcetti che possono esserle opposti, o il silenzio disorientato di cui sopra o lo stesso silen-zio autoimposto di chi esita a esporre il proprio disagio oltre il giro protettivo delle mura domestiche.

Ileana Argentin, oggi Deputato della Repubblica, ma sempre attiva tanto nell’associazionismo quanto nella pratica politica, ha lasciato volentieri che Alba Rohrwacher, giovane attrice premiata col David di Donatello come migliore attrice non protagonista in Giorni e nuvole, leggesse un brano, dal suo saggio Che bel viso… peccato, dalla vena autobiografica evidente, non mistificata, in cui ad una casistica dei tipi maschili, segue un ritratto del partner, inizialmente “impietoso”, poi sempre più affettuoso, che ha suscitato più di un sorriso tra i presenti. Al microfono la stessa Argentin ha spiegato che i disabili non sono come gli altri li vedono, che sono diversi anche l’uno dall’altro, che non sono una setta, anche se, essendo coscienti di non avere le stesse abilità di un “normale”, necessitano e rivendicano pari opportunità. Ha ringraziato poi chi gli ha espresso consenso con il voto, ma anche chi si è pronunciato contro, perchè costoro gli offrono la possibilità di chiarire che, al di là degli insulti, indesiderabili per chiunque, non sono ben accetti da un diversamente abile neanche i convenevoli forzati.

Fabrizio Bentivoglio, pluripremiato attore che non ha bisogno di presentazioni e nel 2007 regista con Lascia perdere, Johnny, ha poi proseguito la serie di letture interpretando un passo del saggio E li chiamano disabili di Candido Cannavò, il giornalista ex direttore della Gazzetta dello Sport e rinomato volto televisivo, nonchè esempio di umanita’ e altruismo, che è venuto a mancare per una crisi cardiocircolatoria proprio il 22 febbraio, pochi giorni dopo il convegno di cui trattiamo. Cannavò ha sempre accompagnato alla passione per lo sport un interesse sincero per i temi sociali, come dimostrato anche, e non solo, dal testo appena citato, una raccolta di 16 storie di non-rassegnazione vissute da persone capaci anche di importanti risultati sportivi; come scris-se il compianto direttore: “Magie, imprese, colpi di genio per intaccare un luogo comune”. Dalla sua viva voce abbiamo appreso come la ragazza dai capelli lunghi in copertina, che “con sensualità slancia questa gamba verso l’alto” pur in mancanza di entrambe le braccia, “rimaste in cielo”, non nate insieme a lei, ha danzato a Parigi, per il Giubileo, per l’inaugurazione delle Paraolimpiadi, “dipinge straordinariamente col piede destro, è laureata, parla 4 lingue ed ha un fidanzatone che non finisce più”. Cannavò ci ha ricordato che se è stato chiamato a più di cento conferenze su questo libro del 2005 che è arrivato alla sua undicesima edizione, ciò significa che la Cultura sta crescendo attorno a questi temi, e non raccoglie l’Italia della televisione più becera.

Successivamente si è parlato di Un medico, un malato, un uomo, testo del 2007 di Marco Piazza, giornalista attualmente responsabile, per la Fondazione Telethon, dei rapporti con la stampa. Il libro è stato scritto insieme alla stessa persona che ne è il protagonista: Mario, un uomo malato di SLA che Piazza vedeva inizialmente come un guru proprio per la capacità di tenere dentro il suo dolore e continuare a reggere sulle sue spalle il peso del lavoro e della famiglia, moglie e due figli. Il giornalista ha raccontato che durante gli incontri che ebbero in un bar per parlare della stesura del libro, capitava di sentirsi addosso qualche sguardo incuriosito, ma lo stesso Piazza restò stupito quando Mario gli rivelò – non subito – che era in procinto di separarsi dalla moglie dopo aver conosciuto un nuovo amore; gli apparve allora non più quel guru, se vogliamo quel Giobbe che pensava di conoscere, la storia da raccontare nella biografia gli stava cambiando tra le mani, gli apparve invece “un uomo che aveva paura di morire da solo...”
Tempo dopo, diventò un personaggio pubblico, ed era accanto a Milly Carlucci quando la figlia gli lesse in diretta una lettera in cui gli diceva che le dispiaceva che lui non ci sarebbe stato il giorno della sua laurea. “I suoi occhi esprimevano una grande forza – ha proseguito Piazza – in molti, me compreso, piansero”.

Si è passati poi a Salve, sono Puccio, resoconto di diversi episodi della vita di Puccio, alias Luigi Gerardo Maccione, autore della commedia Pazzi, episodi intervallati da brani di un dialogo tra la madre, Maria Cruz Rodriguez Maccione, autrice del libro, ed il figlio scomparso. “Pensando a quanto ti sarebbe piaciuto parlare di te, voglio farlo io. Me lo permetti?” “Mica ti verrà in mente di fare la mammina pietistica”. Quando la signora Maria lo rassicura che vuole solo mettere per iscritto la sua testimonianza di vita, il ricordo della sua vitalità che lei non voleva tenere tutto per sè, ma non certo per diventare ricca e famosa, come aveva pensato lui, Puccio risponde: “Quando scriverai della mia dipartita, fallo in modo leggero… tanto quando vorrai io sarò sempre qui, in modo che tu possa parlare con me del tuo romanzo”. Non si poteva diversamente rendere giustizia ad un ragazzo che dal letto dettava ad amici racconti ironici come “La depressione di Buffalo Bill” in cui contestava vivacemente il tramontato eroe del west, quando, preso dallo scoramento per il declino del suo circo giramondo, pensò di ripetersi che forse i suoi mali erano tutti nella sua testa e che forse bastava non pensarci.

Franco Bomprezzi, giornalista e scrittore in sedia a rotelle per gli esiti di una malattia genetica delle ossa, ha invece affidato il suo contributo alla conferenza ad un messaggio video, in cui illustra la genesi dei suoi romanzi: “Ho colto l’opportunità di raccontare la realtà di tutti in modo diverso, come se fosse un esercizio letterario. In “La contea dei rotanti” descrivo un mondo claustrofobico e violento in cui i non disabili sono costretti a vivere da disabili, il ribaltamento della nostra spiacevole realtà”. Da “Io sono così” invece, l’attore e sceneggiatore Andrea Lolli aveva letto un brano poetico, il ricordo della prima volta in cui Bomprezzi ha potuto sedersi senza alcun supporto meccanico, in riva al mare, un momento che gli trasmise “la percezione della distanza enorme, incolmabile, tra la natura e me”. Bomprezzi non esclude di poter scrivere d’altro, ma afferma che non potrà mai escludere questo suo peculiare punto di vista…
Marisa Galli, cofondatrice della Comunità di Capodarco, non autonoma fisicamente dopo un’ asfissia neonatale, una volta trasferitasi a Roma per fondare una nuova comunità (dopo aver scritto due libri, nel 1968 e nel 2005, sulla prima), incontra una ragazza, MariaPia, con problemi autistici e condivide con lei lo stesso appartamento offrendole generosamente quell’aiuto che lei a sua volta aveva ricevuto da altri quando era in comunità. Le due diverse disabilità – fisica e intellettiva – non si sommano ma trovano una compensazione, malgrado i momenti di aggres-sività della giovane, ma, ammonisce la signora Galli, “chissà quante volte i portatori di inabilità mentale vengono fraintesi, interpretati male nell’arco di una sola giornata”. Bisogna tener conto infatti di quanti urti interiori si subiscono non potendo usare nel modo migliore il linguaggio, “…perchè io, se mi pestano un piede, posso far valere le mie ragioni, loro no”. Il resoconto di questa vicenda è nel libro Storia unica, e l’autrice invita in chiusura a riflettere poi sul fatto che quell’aiuto che lei ha prestato un normodotato può fornirlo con più facilità.

Da C’è ancora inchiostro nel calamaio di Claudio Imprudente, presidente del Centro Documentazione Handicap di Bologna, scrittore e giornalista, è stato estrapolato e letto il brano in cui si osserva che il dizionario, per chi conosce bene la lingua, è pieno di termini che indicano la diversità, ed è un peccato che molti di questi siano spesso usati come insulti; “bisogna eliminare le maschere che si sostituiscono ai volti, ma anche ai concetti”. A seguire, lo stesso Imprudente è intervenuto personalmente indicando con lo sguardo una per una le lettere delle parole che componevano il suo discorso, su un pannello trasparente mentre l’interprete che reggeva il pannello stesso verbalizzava il suo pensiero. Ciò non ha impedito che il suo contributo fosse tra i più brillanti della conferenza. “Di solito parto da una domanda – vi premetto che non ho fumato niente, prima di venire qua; sapete cosa succede in una libreria di notte? Personaggi ed autori escono dagli scaffali ed intrecciano le loro storie: Garibaldi racconta a C.Colombo come ha fatto a trovare mille camice rosse, Zorro chiede a Pinocchio se la Fata Turchina era davvero turchina (…) La disabilità si intreccia con le storie di tutti e diventa patrimonio di tutti. Il Centro Docu-mentazione Handicap è un luogo dove si raccontano delle storie. (…) Oggi la disabilità ha più visibilità, e nella società dell’informazione una realtà esiste solo se è visibile. La disabilità per molto tempo è stata invisibile come la storia degli schiavi di colore duecento anni fa. Ed ora un uomo di colore è presidente degli USA. (…) Mi hanno chiesto: ma per Carnevale come ti vesti? Bella domanda. Ho detto ad una mia amica: mettimi a letto, porta a spasso la mia carrozzina vuota e dì a tutti che mi sono vestito da uomo invisibile. Adesso la disabilità fa cultura, fa politica, non è più invisibile, grazie a tante Eleonore che hanno esposto la loro storia. Però penso che quello scherzo lo farò...”

La chiusura del convegno è stata affidata all’autorevole voce dello scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami, di cui è arcinota la sua collaborazione con Roberto Benigni. Cerami ha raccolto il senso dei temi dispiegati nel corso del convegno: la diversità, il silenzio, la scrittura intesa anche come fatica della parola, fatica di spezzare nella maniera più acconcia quel silenzio in cui siamo immersi per la maggior parte delle nostre giornate. Pinocchio è diversissimo da tutti, è di legno, e sperimenta la fatica della conquista della normalità, Kafka annota ne Le Metamorfosi le reazioni di un individuo che da un giorno all’altro sente la propria diversità farsi irreversibile e umiliante fino all’identificazione in un insetto. Noi invece ci sembriamo noi stessi solo quando comunichiamo, non di rado faticando, tutto il mondo interiore che in silenzio elaboriamo e analiz-ziamo quando siamo da soli. E quanto delle nostre emozioni e turbamenti restano fuori dalle nostre verbalizzazioni! L’arte è la forma della comunicazione, in cui la irriducibile diversità emo-tiva di ciascuno suscita emozioni negli altri. Quando Cerami era un ragazzino timido che portava lo stesso nome e cognome del suo fratellino morto prematuramente, chiese al suo professore di liceo, P. P. Pasolini ,cosa si potesse fare per essere felici ed il grande intellettuale gli rispose: “Basta che non fai (per forza) quello che fanno gli altri”. Cerami voleva essere normale ma Pasolini lo incoraggiò a restare com’era, anche se poteva sembrare un folle. Tutta l’Arte probabilmente parte dalla diversità per raccontare l’infelicità che è anche dei cosiddetti normali.

L’iniziativa Non può il silenzio è stata curata da Magic Pictures, 2SMART e Fuori ConTesto, e promossa da La Cassa – Cassa Nazionale di Previdenza, Mutualità ed Assistenza fra il Personale delle Agenzie Fiscali e del Dipartimento per le Politiche Fiscali, attiva presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e da sempre pronta ad interagire con altri enti che si occupano di solidarietà. MArteLive ha istituito una menzione speciale per ogni sezione del concorso per quegli artisti che sapranno tematizzare silenzi, marginalità ed in generale il valore delle differenze.

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