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Il racconto di una piccola donna: Rosa Balistreri

[MUSICA]

Nella settimana successiva alla “festa delle donne” è d’obbligo un tributo a personaggi che, il nome di donna lo hanno esibito con orgoglio, facendosi portavoce di un’umanità muta, senza relegare questo giorno a un semplice evento consumista.
Il miglior modo per celebrare questa festa è quello di cercare esempi di donne che della propria spiccata capacità comunicativa hanno fatto strumento per la lotta contro ogni forma di violenza e sopruso, donne non disposte a scendere a compromessi.


Il mondo ci ha donato molte figure coraggiose di cui spesso si parla, ma ne esistono molte altre, altrettanto audaci, ma un po’ clandestine. Per questo motivo la scelta è caduta su una piccola donna che durante la sua esistenza è stata trattata con disinteresse e che oggi ha acquistato, grazie al tributo che Carmen Consoli ha deciso di farle, l’importanza che merita: Rosa Balistreri (Licata 21/03/1927 – Palermo 20/09/1990).

Fu la voce del popolo affamato poiché è li che nacque e crebbe tra la povertà e la miseria : “sono venuta al mondo quando il “Vossignoria” si proferiva ad ogni angolo di strada. Tempi di abusi, di fame e di guerra, sono cresciuta in mezzo ai malandati. Lacrime mute ne ho piante, e quante, la mia innocenza se la sono divisa in tanti. La cattiva gente, i prepotenti, sono tanti e tanti in questa società.” (Rosa Balistreri)
Trascorse la sua infanzia seguendo il padre nei dintorni di Licata, sua città natale, svolgendo piccoli lavori di falegnameria e percorrendo molti chilometri a piedi nudi. Il primo paio di scarpe lo indossò a 15 anni.
Fu figlia devota e moglie ribelle, tentò di uccidere il marito con una lima dopo che scoprì il suo “vizietto” del gioco, affrontando così anche il carcere. Ebbe delle grandi pene d’amore, subì molestie dal suo datore di lavoro e girò per tutta la Sicilia in cerca di un impiego che le permettesse di mantenere la figlia, ma questo è solo un accenno di ciò che la vita le costrinse a subire.
La tranquillità arrivò con il suo trasferimento a Firenze quando conobbe il pittore Manfredi che la introdusse nel mondo della musica, della cultura e dell’arte e la aiutò ad incidere il suo primo disco per la Ricordi.
Rosa possedeva una voce originale dal timbro potente e graffiante oltre ad una grande capacità poetica. Si alternava tra testi duri e testi ambiguamente divertenti, successivamente impreziositi dalla collaborazione con due grandi poeti siciliani: Ignazio Buttitta e Ciccio Busacca.
Nel ’66 entrò a pieno titolo nel mondo dello spettacolo recitando in “Ci ragiono e canto” di Dario Fo e nel ’73 partecipò al Festival di Sanremo con la canzone “Terra che non senti”.

Canti senza tempo, l’isola era radicata nelle sue corde vocali e nelle interpretazioni cariche di intensità. Cantava il suo amore per la Sicilia e la rabbia nei confronti di coloro che volevano rendere la sua terra un campo dove raccogliere paura e omertà. Ma raccontava anche l’amore disperato: “ahi ahi ahi ahi, moru moru moru moru, jatu di lu me cori l’amori miu si tu!”.
Nel maggio del 2008 la “cantantessa” Carmen Consoli ha dedicato la rassegna Etna Music World Fest, di cui è direttore artistico, alla sua conterranea. Accompagnata dalle voci di grandi interpreti della musica italiana quali: Rita Botto, Giorgia, Patrizia Laquidara, Nada, Marina Rei, Etta Scollo, Tosca, Paola Turci, Ornella Vanoni, ha donato un omaggio a Rosa da lei stesso definito “doveroso” e che quest’anno diventerà un album di sole voci femminili.
Due generazioni lontane che si incontrano e che esprimono lo stesso folklore e la migliore tradizione della musica popolare siciliana. Due donne con esperienze di vita completamente differenti, ma accomunate dalla passione per la propria terra e il desiderio di cantarla.
Rosa Balistreri: donna, figlia, madre, moglie, un personaggio meraviglioso di cui è giusto raccontare, ma soprattutto una Femmina che, anche quando la vita la mise a dura prova, camminò sempre a testa alta, sorridente e vincitrice.

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