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NY: l’altra faccia della Mela

[VIAGGI]

New York: coordinate 41° N, 74° W.
La city per eccellenza, quella che tutti noi conosciamo e sappiamo necessariamente distinguere, anche se non ci siamo mai stati. Bombardati dalle panoramiche aeree di film e telefilm americani, dal gran numero di immagini che circolano sui nostri mass media, dalle parole dei libri e delle canzoni, ci viene quasi naturale considerare New York un luogo “familiare”: potremmo disegnarne lo skiline con pochi e veloci tratti di matita, descrivere palazzi e locali, raccontarne vivacemente le usanze, la cultura, e i modi di fare.

New York, la Grande Mela, capitale del mondo, la città del Greenwich Village e di Bob Dylan, il luogo che ispirò i grandi geni della letteratura beat (Kerouac, Ginsberg e Burroughs), che vide crescere l’arte di Warhol e la musica dei Velvet Underground, le composizioni jazz di Charlie Parker, i musical di Broadway e, più di recente, la cultura hip hop del Bronx.
“New York, New York”, come cantò Liza Minelli. Da pronunciare con un sospiro davanti ad un cocktail, preferibilmente Manhattan.

Con oltre 8 milioni di abitanti distribuiti in 5 distretti o boroughs (Manhattan, Bronx, Queens, Brooklyn e Staten Island) a loro volta suddivisi in decine di quartieri, New York si propone al mondo come capitale della cultura e dell’arte, palpitante industria di social life, dove ogni giorno migliaia di individui entrano ed escono da locali notturni, gallerie d’arte, teatri, negozi e studi di registrazione. Nonostante possa essere considerata come il punto centrale dell’economia mondiale, “la città che non dorme mai” si distingue soprattutto per il fermento artistico-culturale che la caratterizza. Ed è proprio per questo che la docente universitaria Elizabeth Currid parla in modo volutamente provocatorio di “Warhol Economy”.

È stato principalmente a partire dagli anni ‘50 che New York si è affermata come punto nevralgico capace di attirare, in un coinvolgente moto centripeto, gran parte delle tendenze artistiche, musicali, letterarie dell’America dell’epoca. Con le raffinate intuizioni degli esponenti della Beat Generation, New York cominciò in breve tempo a sedurre un gran numero di poeti, cantautori, musicisti e artisti che dichiaravano guerra alla società del conformismo e del consumo sfrenato. In questo modo si andarono a costruire le fondamenta per il movimento hippy, che si diffuse poco tempo dopo in tutto il mondo.
In particolare negli scenari suggestivi del Greenwich Village, quartiere situato nella zona occidentale del centro di Manhattan, si formarono alcuni personaggi leggendari della cultura mondiale: Lou Reed, Frank Zappa, Al Pacino, Joan Baez, Bob Dylan Woody Allen. E la lista potrebbe continuare per molte altre righe.

Il Village si trova tuttora al centro dei consumi culturali dei giovani newyorkesi e sono numerosi ogni sera i comici e i jazzisti che si esibiscono nei locali, ma soprattutto nei teatri, che si pongono in questo modo come alternativa alla classica Broadway.

Insieme al Greenwich è d’obbligo dedicare qualche riga alla Factory, lo studio artistico permanente ideato e progettato negli anni ’60 da Andy Warhol che, oltre a portare avanti la sua personalissima opera artistica, si dedicò alla sponsorizzazione di gruppi musicali, alla produzione di film e alla creazione di eventi. Il celebre album con la banana dei Velvet Underground e Nico è uno dei prodotti più interessanti che hanno visto la luce proprio grazie alla Factory.

Al tempo New York si contorceva tra le droghe e la psichedelica ed erano numerose le band emergenti che proponevano i loro brani in storici locali come il CBGB (ancora oggi punto di riferimento per la musica live newyorkese), che diventò ben presto il tempio di gruppi come Ramones, Patti Smith e Talking Heads. Il rock, come è facile immaginare, è sempre stato uno dei generi più in voga nella Grande Mela. Verso la fine degli anni ’80, con un’ondata d’energia mai sperimentata prima, nacque la cosiddetta scena post-punk e, con questa, band irriverenti come Sonic Youth e Pavement che a loro volta hanno dato origine agli odierni Blonde Redhead.

Ovviamente questi sono solo alcuni cenni riguardanti lo straordinario fermento artistico della New York di ieri: si potrebbe parlare di jazz, cinema, hip hop, teatro, ma in tal caso non basterebbe un trattato di mille pagine e se ne potrebbe discutere per mesi interi. Troppe le contaminazioni, troppe le spinte culturali da valutare. Ci basti considerare che tutto il fermento artistico del passato ha influito pesantemente su quello che New York è oggi: una città estremamente stimolante e creativa, melting pot di culture, tendenze e mode diverse, in continua evoluzione e alla perenne ricerca della novità.

Gli spettacoli sono per tutti i gusti e i locali ospitano una grande quantità di artisti emergenti che contribuiscono a dare colore e vivacità alle serate newyorkesi. Se volete sentire del buon jazz potete passare al 55 Bar nel West Village, per rivivere i tempi del folk di Dylan e della Baez non c’è niente di meglio di una serata al People’s Voice Cafè di Midtown Manhattan, per fare una buona scorta di sound hip hop c’è invece la Bowery Ballroom, nei pressi di Soho.

New York non è solo il grande colosso economico e finanziario che tutti noi conosciamo, ma anche la sede della cultura e della musica, della multiculturalità e della socialità. È il regno dello svago a 360 gradi, delle lunghe nottate passate a girare per locali, a scovare artisti emergenti, ad assistere a spettacoli alternativi.
L’altra faccia della Mela è lì che aspetta. Dall’altra parte dell’oceano.

41 parallelo, federica cardia

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