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Okkervil River al Circolo degli Artisti 17 novembre 2007

Loro, più che americani (addirittura texani di Austin), sembrerebbero britannici: se non fosse per l’accento, con quei capelli di media lunghezza che coprono parzialmente gli occhi,gli Okkervil River potrebbero essere scambiati per uno di quei gruppi britpop variamente influenzati dall’estetica mod e post-punk, alla perenne ricerca della perfetta commistione fra sonorità underground e contaminazioni pop.


La somiglianza con Oasis o Supergrass non passa sicuramente inosservata.
Ed eccoli sul palco del Circolo per presentare il loro ultimo lavoro, “The Stage Names”, armati di camicie e cravatte, chitarre e fisarmoniche: in realtà l’influenza della musica d’oltreoceano si fa sentire da subito, e riconosco un inconfondibile stile alla Bob Dylan del periodo folk, qualche incursione nella più classica tradizione del country e nei territori del blues, in un’ibridazione di strumenti che riproducono melodie semplici e distese. Altro collegamento con la madrepatria: la grande somiglianza tra la voce del cantante Will Sheff e quella di Adam Duritz dei californiani Counting Crows.
Lo spettacolo live al Circolo, una delle tre date italiane insieme a Firenze e Bologna, procede bene per la prima mezz’ora, la sala è piena e il pubblico partecipa e interagisce con interesse. Se non fosse che poi, nel bel mezzo di un bel brano ritmato, salta la corrente elettrica ed è buio sul palco. E Will, per ingannare il tempo, in attesa di un intervento tecnico a risolvere il problema, prende la chitarra e regala al pubblico un pezzo acustico senza microfoni né alcun tipo di amplificazione.
Grande e disinvolta performance, il pubblico approva estasiato.
Il tutto riprende senza più intoppi, con un grande fermento sul palco, con strumenti che vanno e vengono (d’un tratto salta fuori un mandolino), in uno spettacolo ben costruito ma forse, a dirla tutta, a tratti un po’ irrisolto, poco organico. Le ballate folk rock, dal piglio spesso romantico, si reggono su una base strumentale un po’ traballante e, cosa piuttosto deludente, la tromba di Scott Brackett partecipa raramente e senza particolare enfasi. Molto particolari le proiezioni sulle pareti: bei primi piani intervallati da un susseguirsi di frasi, parole e immagini montate con sapiente inventiva.
Nel complesso il live è buono, ma non rende giustizia all’album (che tra l’altro vi consiglio di ascoltare in streaming su www.myspace.com/okkervilriver), che appare invece compiuto ed energico, ricco di nuovi spunti e di opportunità creative.

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