Il Festival della canzone romana: in scena la veracita’
[MUSICA]
Il Festival della Canzone Romana ha spento le sue prime diciotto candeline lo scorso 28 settembre al Teatro Olimpico di Roma. La manifestazione non poteva che essere dedicato a chi ha dato un grandissimo contributo alla canzone romana: il cantautore Stefano Rosso, scomparso da pochi giorni, dopo una ricca carriera iniziata molti anni fa nel retrobottega di una frutteria e continuata nei night, nelle piazza e nelle tanto amate osterie, senza dimenticare le comparse televisive, tra cui quella al Festival di Sanremo.Come da tradizione, la kermesse, ideata da Lino Fabrizi, e patrocinata dalla Regione Lazio e dal Comune di Roma, ha ripercorso il repertorio musicale romano attraverso un’alternanza di interpreti famosi e nuove leve. Protagonista assoluta dell’evento, la Città Eterna, che è stata celebrata con danze e stornelli, mentre sullo sfondo scorrevano le immagini delle innumerevoli fontane romane, simboli indiscussi della città.
A condurre la serata il presentatore radiofonico Francesco Vergovich e l’attrice Loretta Rossi Stuart che si son confrontati con una scaletta ricca di esibizioni, mentre gli intermezzi danzanti sono stati affidati al corpo di ballo della Crazy Gang. Tra gli ospiti non potevano mancare il trio della Schola Cantorum, l’artista Giorgio Onorato, the voice della canzone romana, e Luciano Rossi, autore di brani divenuti molto popolari, una fra tutte “Se mi lasci non vale”.
Un cocktail ben condensato, che di certo si sarebbe gustato meglio se le esibizioni non fossero state penalizzate dall’accompagnamento di basi musicali in sostituzione di chitarre, fisarmoniche e mandolini, come previsto dalla migliore tradizione folk. Non è bastato comunque questo a frenare una dirompente veracità che ha toccato i massimi livelli nella performance del maestro del genere: Lando Fiornini. Il pubblico lo ha accolto con grande partecipazione accompagnandolo nell’esecuzione dei suoi brani più famosi: “Chitarra romana”, “Cento campane”, “Roma nun fa’ la stupida stasera”, “Barcarolo romano”. «Finché avrò fiato canterò sempre Roma», ha affermato il cantante, prima di esibirsi in alcune gag, cariche di quella simpatia ora sorniona, ora beffarda, che solo un romano de roma può vantare di possedere, quasi come un’eredità ricevuta indissolubilmente insieme alla cittadinanza dell’Urbe.
La tradizione ha poi passato il testimone alle nuove generazioni, rappresentate dai finalisti del Festival: Arya, Maurizio Fortini e Alessandra Falconieri. Tre giovani artisti che, nonostante l’età, vantano già dei curricula da veterani. Di indiscutibile impronta romana i loro testi, rispettivamente “Roma abbracciami”, “Fiore de Roma” e “ Sotto i ponti de’ Roma”, che potranno essere riascoltate su Radio Radio e che hanno ricevuto l’approvazione di un pubblico visibilmente e sinceramente affezionato all’iniziativa.
Non c’è da meravigliarsi, d’altronde: partecipando all’evento perfino chi non vanta sangue romano finirebbe per sentirsi un po’ più orgoglioso di appartenere in qualche modo a questa città ricca di una tradizione popolare passata attraverso i componimenti del Belli e di Trilussa, le poesie culinarie di Aldo Fabrizi, le interpretazioni magistrali di Alberto Sordi, Nino Manfredi e Gigi Proietti, le canzoni di Lando Fiorini, Stefano Rosso e Gabriella Ferri e tanti altri ancora.
Insomma, difficile, dopo una serata del genere, resistere alla tentazione di andare a stornellare per strada, improvvisando, sotto un friccico de luna, una irriverente «Fatece largo che passamo noi, li giovanotti de sta Roma bella».
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