La passione indipendente
Come ogni anno il mondo della musica si da appuntamento a Faenza per il Meeting delle etichette indipendenti. Dal 24 al 25 novembre, la cittadina romagnola diventa il crogiuolo di idee, confronti ed esibizioni. Centinaia di concerti, artisti, giornalisti, case discografiche, festival e tanto pubblico per confermare l’importanza del movimento indie, il quale si conferma come la corrente culturale più importante dell’ultimo decennio. Abbiamo intervistato il direttore artistico del meeting, nonché presidente di audiocoop. Cari lettori siamo lieti di presentarvi Giordano Sangiorgi.
Undicesima edizione del Meeting delle etichette indipendenti. Unica fiera del settore in Italia. Quale è l’attuale situazione della musica indie?
Da un lato la musica indipendente aumenta la sua quota di mercato fino ad arrivare al 25% ma, dall’altro, non è ancora attrezzata per contrastare le major straniere sul versante della distribuzione on line e su telefonia. Infatti i nuovi grandi mercati sono tutti in mano alle multinazionali straniere: sia in termini di grandi portali di riferimento (iTunes) che di prodotti per ascoltarli (iPod), così come accade per la telefonia che nel menu’ dei brani da scaricare mette pochissima musica italiana e assolutamente nulla di indipendente.
Bisogna fare squadra come indies italiane per conquistare questi mercati e non rimanerne tagliati fuori. Purtroppo la vecchia discografia italiana è troppo dilaniata da difendere i propri personali interessi e non fa un lavoro di squadra, speriamo nei nuovi indipendenti che capiscano la necessità di questo lavoro. L’impegno deve essere accompagnato da una Legge per la Musica, oramai indispensabile per il settore, insieme a una serie di interventi legislativi che devono favorire il settore: sgravi fiscali, riduzione iva, parificando la musica al settore cultura ed editoria; riconoscimento di fondi del Fus ai festival, quote in radio e tv a favore della musica italiana, fondi per promuovere la musica italiana all’estero.
In una recente intervista Lei ha dichiarato che l’introito annuale medio dei musicisti Italiani è di 7700 euro, una cifra alquanto irrisoria. Quali sarebbero le soluzioni per aumentare tale budget?
Far diventare tale settore uno degli elementi strategici del bagaglio culturale italiano equiparandolo agli altri settori della cultura come il teatro, il cinema, la danza, il balletto, la lirica con le sue fondazioni, le grandi mostre. Bisogna concepire la produzione musicale come uno degli elementi strategici della promozione del made in Italy nel mondo. L’Italia è ancora il terzo paese esportatore di musica nel mondo e questa quota deve essere incrementata nel migliore dei modi. Occorre eliminare tasse e balzelli, soprattutto della Siae, dell’Enpals, dell’Imaie, dell’Scf e altre strutture che incamerano spesso diritti musicali che non ritornano ai musicisti, ma servono solo a finanziare enormi baracconi burocratici e stipendi di CdA e Commissioni invece di finanziare piccoli autori, editori, produttori, artisti e interpreti come meriterebbero , festival e idee innovative nel settore. Già questo porterebbe nelle tasche degli artisti tanti soldi in piu’.
Quest’anno per la prima volta viene ospitato un festival poco indipendente. Il “Cornetto Free Music Audition” fa capo ad una grande multinazionale. Cambiamento di rotta oppure c’è qualche altro motivo?
Al Cornetto Free Music Audition hanno partecipato centinaia di band indipendenti ed emergenti. Se le multinazionali facessero iniziative di questo genere a favore dei giovani talenti di ogni paese, in ogni settore, forse vivremmo un pochino meglio. Quest’anno ha dato grandi opportunità a band indipendenti italiane ed emergenti di poter salire su un palco con migliaia di spettatori, selezionando band ed artisti che poi hanno aperto grossi tour italiani. Mi sembra una strada buona per valorizzare i nostri giovani talenti. Anzi, bisognerebbe imporre alle multinazionali dei live dar l’opportunità ai nostri emergenti di farsi conoscere. Per una volta una cosa buona che va apprezzata.
Potrebbe parlarmi dell’indotto economico generato dal MEI?
Portiamo circa 3 milioni di euro di fatturato nel territorio. Faenza ha un ritorno di immagine che è valutato su 1 milione di euro e, grazie al nostro operato, è diventata nota al pubblico piu’ giovane sia in Italia che all’estero. Purtroppo riceviamo infinitamente meno di cio’ che diamo. E da questo punto di vista il Mei risponde alle teorie delle 3 T di Richard Florida per la valorizzazione di un territorio, cioè: portare talento, tecnologia e tolleranza, tre slogan che ben si adattano al Mei. Tutto ciò che serve a far crescere ed a sviluppare un territorio. Tra l’altro con cittadini abbiamo un ottimo rapporto, mentre con le istituzioni e, soprattutto con quelle che vogliono conservare lo status quo, abbiamo certamente qualche conflitto come è naturale. Portare il nuovo è sempre difficile in un paese come l’Italia in cui tutto guarda sempre indietro, ad un “com’eravamo nostalgico”.
Anche grazie al meeting, oggi la cultura indipendente è diventata una questione di massa. Le band che si autoproducono, ed i festival che promuovono la musica indipendente, sono molto diffusi sul territorio nazionale più che in passato. Questi profondi mutamenti si rispecchiano nei consumi della società. E’ in atto un cambiamento secondo lei?
Siamo stati i portavoce degli indipendenti, un termine che dieci anni fa quando siamo nati era quasi sinonimo di “sfigati”. L’abbiamo sdoganato, gli abbiamo dato un alto valore culturale e artistico, e oggi è diventato un elemento di forza invece che di svantaggio come era un tempo.
La globalizzazione ci impone dei cambiamenti. O seguire i consumi di massa o valorizzare i prodotti tipici della propria terra per costruire un ‘alternativa di mercato ai consumi. Le produzioni indipendenti sono lo slow food della musica italiana contro la macdonaldizzazione della produzione fatta dalle multinazionali straniere che vorrebbero vendere in ogni angolo del mondo una “musica unica”. È necessario contrapporre alla forza dei capitali economici la forza delle idee, della passione e della competenza sostenuta da leggi che valorizzano le proprie tipicità anche musicali. La rete rischia di diventare , come i grandi mezzi di comunicazione di massa, un elemento in mano solo a grandi soggetti i quali ci faranno diventare dei semplici numeri di grossi portali. A questo deve rispondere un lavoro di squadra degli indipendenti, per costruire consumi alternativi, con portali di nuova musica italiana, magari tra pubblico e privato; un canale satellitare di videoclip solo italiani, ad esempio una Rai Sat musica, per valorizzare le nuove esperienze di web radio e tv. Così si creerebbe “l’altro-consumo del mercato della cultura musicale”.
Cosa consiglia ai giovani che vorrebbero intraprendere la strada di organizzatori di eventi?
Esiste un’unica strada da percorrere: andare a lavorare , da chi gli eventi li organizza. Sappino però, che il tutto ha origine dalla predilezione. Se si hanno idee, passione, competenza e nessun problema di orari penso che primo o poi riesca nei propri intenti. In questo settore le raccomandazioni sono inesistenti, anche se il potere politico spesso cerca di imprimere direzioni e svolte agli eventi musicali, soprattutto a livello locale.
Come si apre un’etichetta discografica?
La parola d’ordine al mondo d’oggi è innovazione. Certo si può iniziare promuovendo la piccola band degli amici. Fai la promozione, vai in giro con il banchetto dei cd durante i live, studi formule nuove di promozione on line o di altro tipo. Poi basta aprire una partita Iva e dire che si producono cd e provarci. Ma con la concorrenza che c’è è essenziale studiare formule nuove. Bisogna aprire una factory, anche in piccolo, come fanno le major o anche un’esperienza come la Radiofandango.
Il Mei è una realtà rispettata anche in ambito internazionale. Come ci si sente ad essere l’ideatore di tutto ciò?
Non so. A volte mi guardo allo specchio e dico se dieci anni fa avessi immaginato tutto questo l’avrei fatto allo stesso modo. Penso di sì, ma ho pagato un prezzo molto caro: poca vita privata, una scelta praticamente da single nonostante sia legato a una compagna, l’invidia di molta gente del settore che non è capace di accettare i successi altrui e che mi ha messo, senza un vero motivo, tanti bastoni tra le ruote. Poi la difficoltà del rapporto con la politica locale, anch’essa preoccupata di vedere crescere questa cosa. Soffrire non dormendo tante notti per gli sgarbi ricevuti da qualcuno solo perchè non accetta che tu possa andare avanti con idee vincenti. Ma in fin dei conti ho ricevuto veramente tanto: tante mail di sostegno e incoraggiamento, tanti sorrisi, tanta gente che mi ha ringraziato perché grazie al Mei ha preso il via un suo progetto musicale e di vita e tante altre belle cose. Vedere che tante idee come il Premio Italiano Musica Indipendente, Premio Italiano Videoclip Indipendente, il Tavolo della Musica che unisce tutto il settore, una disponibilità a realizzare una promozione comune della musica italiana all’estero, il Concerto per la Legge per la Musica che ha raccolto oltre 5 mila firme, il sostegno iniziale a festival come Voci per la Libertà diventati importanti, e tante altre mille cose si sono realizzate positivamente; ebbene tutto ciò mi ha dato tante gratificazioni. Così come vedere colmare la lacuna di pubblicazioni sul mondo indies come le uscite di Editrice Zona, Il Libretto Mosso del Mei e Indypendenti d’Italia, che raccontano la lunga storia del mondo indipendente.
Cosa potrebbe fare la politica per la musica indipendente?
Dargli sostegni veri e spazi, dargli dignità culturale e visibilità mediatica, una legge per la musica e tanti incentivi per diventare finalmente grande come merita il bagaglio culturale del paese.
Tutto quello che si dà a cose che spesso non hanno spesso alcun valore, mentre la musica purtroppo viene tenuta ai margini.