…tra cinque minuti comincia la rivoluzione.
Report Live dello spettacolo Teatrale “Il Rivoluzionario”
In una cronaca degli inizi del XV secolo si legge di un piccolo spettacolo teatrale allestito a Firenze nei giorni del Carnevale, in occasione del quale un navigato istrione, affranto dalla misera prebenda tributata dal pur animoso pubblico, tra mille imprecazioni ebbe a lagnarsene dicendo: «carmina non dant panem!».
Non pochi testimoni riferiscono che di fronte a quel motteggio un anziano omino si allontanò dalla folla rivolgendo la sua puntuta replica: «neque aliquando circenses».
Sabato scorso al Teatro Cometa Off di via L. della Robbia non mi è parso di scorgere alcun canuto avventore far mostranza delle sue lagnanze, ma ammetto che di siffatto ufficio non gli sarebbe mancata ragione.
La rappresentazione, recante il titolo di “Il rivoluzionario”, scritta e portata in scena dal giovane Maurizio Igor Meta è sembrata, a dirne bene, evanescente, priva di una reale consistenza drammaturgica. I cinque monologhi interpretati dal medesimo teatrante si (dis)articolano nell’ordito di un tessuto narrativo oltremodo sfilacciato e difettoso di solidità. Eccezion fatta per il pregevole sforzo di ludiche assonanze e di certuni virtuosismi linguistici appena abbozzati, il testo è apparso cencioso, contrappuntato di buoni propositi (specie nell’esordio), ma reso ingeneroso da un ritmo claudicante, oltre che da una corporeità improbabile e da una mimica stracca, se non nevroticamente incoerente.
Ahimè, non basta una valigia di proiettiana memoria, né l’aspirazione ad un quotidiano caffè o magari un bavero erto in segno di leziosa contrarietà a offrire spunti di riflessione sull’umana felicitate, e neppure a fuggire abusati luoghi comuni con l’intento di restituire una coerente psicologia a cinque personaggi in cerca d’attore (e d’autore). Perdonate la malaccorta citazione, eppur mi riaffiora alla mente che ai suoi esordi non pochi critici diedero a Brecht del “rivoluzionario”. A ben guardare, ritengo che l’unico aspetto che possa affratellare quest’ultimo e il suo epigono sia che entrambi hanno composto un’opera da tre soldi. Ad ogni modo il giovane Meta non tragga da questo alcun motivo di scoramento: il tentativo non è misura di imperfezione, ma cifra del suo riscatto.
NB: domando venia, specie a ragione dell’incantevole beltade dell’addetta stampa, ma la sincerità è un malanno a cui mi sto prodigando a porre rimedio.