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Eugenio Montale. Ho sceso dandoti il braccio

[L’ILLETTERATA]

 

Prendo spunto dal tema della settimana e colgo l’occasione per tirare fuori dal cassetto dei ricordi la mia esperienza alla Fondazione Merz di Torino (di cui parla nel suo articolo la mia collega Edyth Cristofaro). Nel Novembre del 2006 ho avuto occasione di visitare la personale di un’artista contemporanea, Marzia Migliora, che racconta storie che fanno riferimento a memorie culturali e collettive o autobiografiche. La narrazione che la contraddistingue, è legata a vicende ed ambivalenze emotive, all’infanzia, al gioco e, attraverso un’ampia gamma di linguaggi, arriva a toccare temi comuni come il desiderio, l’intimità, la memoria, la perdita, l’ossessione, quali punti focali di una riflessione sull’identità. In quell’occasione ricordo che mi colpì molto vedere una poesia piuttosto famosa di Montale, fare da cornice ad una delle scalinate della Fondazione:
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Eugenio Montale – Ho sceso, dandoti il braccio
Eugenio Montale, premio Nobel per la letteratura nel 1975, ha attraversato il ‘900 facendo proprie le insofferenze umane ed una poetica del tutto anitieloquente, frutto della condizione umana così desolatamente disarmonica che il poeta avverte su se stesso e nel periodo storico da lui vissuto. Una poesia di forme scabre e aspre con uno stile innovativo, che attraversa decadentismo, simbolismo ed ermetismo, senza identificarsi mai in nessun movimento letterario novecentesco. Dopo anni di silenzio Montale inaugurò una nuova e feconda fase poetica che fa capo alla raccolta Satura (Mondadori 1971), in cui ritroviamo proprio lo “xenion” (dal greco: dono offerto come regalo di ospitalità agli amici e agli ospiti) che vi ho trascritto, dedicato alle moglie, Drusilla Tanzi, scomparsa nel 1963. La raccolta segna un passo di svolta fondamentale nel percorso artistico dell’autore, perché segna un abbassamento dello stile e del tono che lo rendono più colloquiale, ed incline a trattare temi che provengono dalle sue memorie private, in un modo tutto montaliano di adeguarsi ai tempi ed insieme di continuare ad essere un testimone inflessibile del suo tempo. Ho sceso dandoti il braccio, poesia dell’Assenza, è una lirica essenziale, profonda, sentimentale, cruda, denota un amore profondo e salvifico, e nell’approccio del “colloquio con le ombre”, intensifica la significatività della presenza della donna amata, come essenziale per il precario equilibrio di uomo nel mondo del Poeta. La poesia diventa quindi strumento quotidiano di osservazione e riflessione, valido accanto agli altri. E per noi diventa una scusa per pensare di poter conoscere meglio o di più l’interiorità soggettiva o storica di chi, nella poesia, ha costruito la sua vita. Provate a leggerlo ora, lontani dai banchi di scuola…

E. Montale, Tutte le poesie, Mondadori

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