Canto che amavi
[L’ILLETTERATA]
Gabriela Mistral, pseudonimo di Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga, (Gabriela lo sceglie citando due poeti che ammirava profondamente: Federico Mistral e Gabriele D’Annunzio) è stata una poetessa, educatrice e femminista cilena nata a Vicuña, 7 aprile 1889 e morta a New York, il 10 gennaio 1957.
Fu la prima donna latinoamericana a vincere il Premio Nobel per la letteratura, il 15 novembre 1945, cosa che l’accomuna ad un altro poeta cileno, Pablo Neruda, suo alunno che la stessa Mistral, proprio in qualità di sua insegnante aveva spinto ad intraprendere la carriera artistica. Il premio Nobel le fu consegnato accompagnato da queste parole “Gabriela Mistral, questa cilena che salutiamo con ammirata commozione nel piccolo novero delle donne che hanno vinto il nostro premio, si avvicina fraternamente nel nostro ricordo a un’italiana altrettanto inizialmente sconosciuta, Grazia Deledda. Molte cose le uniscono. L’oscuro lavoro in condizioni disagiate, le difficoltà rovesciate dalla loro tenacia creativa e dal loro calore umano; e quello sguardo puntato sui piccoli, sui miseri, sulle esistenze che proliferano nell’ombra magica di province in cui si svolge la drammatica lotta tra fede e superstizione, tra preistoria e modernità“.
Durante gli ultimi anni della sua vita, elegge New York come proprio luogo di residenza, e lì morrà, di cancro, a Long Island, il 10 gennaio 1957, a 67 anni. I suoi resti saranno traslati in Cile nove giorni più tardi, occasione in cui il governo cileno dichiarerà tre giorni di lutto nazionale, e centinaia di migliaia di concittadini le renderanno l’ultimo omaggio. Sulla sua tomba, che si trova nel Norte Chico, Gabriela Mistral ha voluto incise queste parole: “Come l’anima sta al corpo, così l’artista è per il suo popolo“.
La Mistral trova la sua ispirazione nell’umile contatto con le cose, che la porta sempre più intimamente alla comprensione dell’anima del continente. La natura e i bimbi sono i temi principali della sua lirica, ma l’origine del suo successo essa lo deve a un tragico episodio affettivo, che colorò e segnò tutta la sua esistenza: l’abbandono dell’amato ed il suo suicidio. Ne vennero i Sonetos de la Muerte che, presentati a un concorso poetico nel 1914, rivelarono d’improvviso la sua grandezza lirica: da quel momento le arrise il successo e la sua figura si impose nel continente.
I temi centrali delle sue opere sono l’amore, l’affetto per la madre, le proprie memorie dolorose, la tristezza e la guarigione. La presenza del dolore nella poetica della Mistral, già ampiamente dedicata al tema della morte, anche a causa degli eventi luttuosi che hanno caratterizzato la sua vita assume una consistenza ben maggiore di quella di qualsiasi altro suo predecessore all’interno della poesia Latinoamericana. Altra influenza prepotente è quella dovuta al modo estremamente appassionato con il quale sempre, la Mistral porterà avanti le proprie amicizie, tanto maschili che femminili.
Donna appassionata, forte, innovativa, libera, di lei il critico Onís ha dato la definizione più esatta:
“Anima tremendamente appassionata, grande in tutto, dopo aver vuotato in alcune poesie il dolore della sua desolazione intima, ha riempito il suo vuoto con le preoccupazioni per l’educazione dei bimbi, la redenzione degli umili e il destino dei popoli ispanici. Tutto ciò in lei non è altro che una pluralità di modi per l’espressione del sentimento cardine della sua poesia: l’ansia insoddisfatta di maternità, che è al tempo stesso istinto femminile e anelito religioso di eternità”.
La Mistral nelle sue liriche canta del proprio destino di donna sterile. Tanto tormento contribuisce ad aggravare il peso della sua vita, eppure manifesta il suo cuore stanco che palpita e anche la passione amorosa frustata si colora di tinte funebri.
Col passare degli anni si fa largo anche il tormento della maternità frustrata, e l’amore per tutti i bimbi della terra, ma il suo dolore è solo assopito, e si manifesta nella stessa tenerezza intensa con cui la Mistral canta le piccole creature.
A tutti i sentimenti accennati fa sempre da sfondo la natura. Con il passare degli anni i paesaggi della Patagonia, tra i quali si era rifugiata la donna ferita, non portano che nuovo tormento al suo cuore. La sua desolazione si rispecchia nel paesaggio, di cui canta la densa bruma, la terra senza primavera, la lunga notte, il venti che intorno alla sua dimora costruisce un cerchio di singhiozzi e di lamenti.
Un amaro dolore, superamento, infine, della nota personale che coglie un nascosto dolore cosmico.
Sembra che proprio nella cordigliera Gabriela Mistral trovi il senso epico della sua poesia, che diviene canto alla grandezza primitiva dell’America. I versi vanno perdendo le dolcezze della rima, ma acquistano vigore arricchendosi, nel vocabolario, di arcaismi che la poetessa usa con compiacimento, e che servono a rendere la maestosa e allucinante grandezza del paesaggio americano.
Per giungere a comprendere la totalità del paesaggio continentale Gabriela Mistral segue un cammino di avvicinamento graduale, la conquista prima, dell’anima di ogni singolo elemento.
Penetrata la materia essa può celebrare l’essenza profonda della sua terra. Negli inni americani la poesia si arricchisce, infatti, di colore e si rafforza nel tono ampio del verso maggiore. Essa canta il sole del tropico, il sole degli Incas e dei Maya, “maduro sol americano”, che illumina valli e montagne, pianure e abissi immensi, circondati da tanta acqua marina.
La traiettoria della sua poesia rivela quella della sua anima, che trova la luce nel miracolo fermamente creduto di un mondo nuovo risorgente dalle tenebre delle passioni. Nel coro americano la sua è voce inconfondibile di una sensibilità e di un’arte che recano genuina l’impronta di un possibile mondo nuovo.
Non è di secondaria importanza sottolineare che la pubblicazione italiana di Canto che amavi, edita nella collana Gli Alianti della Marcos y Marcos, nasce anche grazie alla volontà, oltre che dell’editore italiano, di due Istituzioni: una statale – il Governo del Cile – ed una religiosa – l’Ordine Francescano del Cile, custode della volontà della stessa Mistral di dare aiuti economici ai bambini di Montegrande e del Cile.
Gli elementi che si esaltano nel libro sono due: il Paese e i poveri. A formare e comporre la raccolta sono state selezionate ed emarginate poesie da “Desolazione” (1922), “Tenerezza” (1924), “Taglio del bosco” (1938), “Torchio” (1954), “Poema del Cile” (1967).
La poesia della Mistral delinea un universo ritmico e metrico vario e complesso, in cui si passa da una metrica tradizionale a composizioni che mostrano un’architettura ritmica molto più articolata e originale. Il tutto in un insieme che fa spesso della musicalità e dell’assonanza una caratteristica peculiare che permane nelle versioni italiane. L’alternanza della potente musicalità, nonostante la traduzione dallo spagnolo, assicura comunque scioltezza nella discorsività più arricchita da dissonanze specifiche, e aiuta a capire quanto nell’arco della sua vita la poetessa sia stata in grado vivere e sperimentare diverse sensazioni di liricità.
Gabriela Mistral, Canto che amavi, Marcos y Marcos (con testo a fronte), pag. 308, € 17
Eva Kent (evakent.74@gmail.com)
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