L’Anima buona del Palladium
[TEATRO]
ROMA- L’anima è ciò che ci rende unici, irripetibili, uno stampo che è stato distrutto per evitare che la natura faccia copie di noi stessi. Irripetibile è anche l’hic et nunc, il qui e ora teatrale che identifica l’impossibilità della ripetizione, l’irrealizzabilità della reiterazione anche di fronte a mille repliche in altrettanti teatri.
Spesso uno spettacolo è particolarmente interessante proprio perché risulta essere privo di senso. Riesce a trattare tematiche forti: la politica, l’assenza di libertà, la vita, la morte, il teatro politico, la bontà, la religione, l’essere cortesi con il prossimo perché in fondo tutto alla fine torna. Il raccolto di un campo deriva da cosa e come si è seminato.
Questo rappresenta Anima, drammaturgia e regia di Roberta Nicolai ospite di Teatri di Vetro rassegna andata in scena al Teatro Palladium fino allo scorso 23 maggio: un complesso di temi importanti che con difficoltà vengono fuori nel corso dello spettacolo a causa di un caotico insieme di contenuti forse eccessivamente intrecciati. Gli attori, fin dal loro ingresso in scena si esibiscono con una dizione eccessivamente accademica, che attribuisce una parvenza di finzione allo spettacolo stesso che con sforzo vuole comunicare qualcosa al pubblico. Numerose volte gli attori cambiano (in scena) i loro costumi, forse per poter far parlare un maggior numero di persone interpretandone i pensieri, molti sono gli individui ma in fondo è come se fosse uno. Ma si sa, l’effetto delle e sulle masse ha risvolti miracolosi.
A parte tutto, profondo è il collegamento a Brecht e all’Anima buona del Sezuan; un’anima che sembra sparita da questo mondo. Qualcuno tanti anni fa cercava di far emergere il concetto dello stare un po’ meno bene affinché i meno fortunati stiano un po’ meno peggio. Nessuno lo ritiene più concepibile, nessuno ha il coraggio di togliersi una minimissima parte di fortuna per poter aiutare gli altri. È più proficuo privare della libertà di parola il prossimo che ascoltarne i problemi.
Lo stesso pensano i personaggi che a Brecht si rifanno: perché non cercare di cambiarlo questo mondo, invece di lamentarsi continuamente?
Ma la disperazione deve essere la prima a morire perché un’anima disposta all’altruismo c’è e deve esserci. È sopita dentro di noi, intrappolata dai nostri problemi ma basta un suono familiare, una voce comune che subito lascia dilagare positività e serena convivenza.
E speriamo che il pubblico, provato dalla performance lo abbia sentito.
Pubblico interessato, pubblico annoiato… che cosa vuole questa bestia di pubblico che non si accontenta mai?
Emanuele Truffa Giachet
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