Groove Funk e Swing Jazz: Roy Hargrove Quintet
[MUSICA]
ROMA- Ancora un concerto degno di nota alla Casa del Jazz. Ancora un gruppo di americani. Ancora dei grandissimi musicisti sul palco del Festival. Questa volta parliamo di un trombettista, considerato nell’ambiente uno dei più autorevoli trombettisti jazz al mondo.
Vincitore di 2 Grammy, e vincitore di numerosi sondaggi come miglior musicista. Scoperto nel 1987 ancora teenager da Wynton Marsalis mentre suonava ad una recita scolastica, Roy Hargrove si è imposto da subito nell’ambiente, diventando uno dei trombettisti di riferimento della generazione degli anni 90. Il suo suono, pur essendo impregnato di passato, è considerato unico e difficilmente paragonabile a suoi predecessori. Questo anche grazie alla sua commistione di jazz, soul e funk. Una forte personalità quella di Roy, che non si lascia condizionare e che percorre con sicurezza la sua strada. Strada costellata di collaborazioni illustri come quelle con Herbie Hancock, Sonny Rollins e Michael Brecker. Sempre pronto a lanciare sfide, e a sperimentare, nel 2003 lancia un collettivo hip hop/ jazz con il quale incide un album “Hard Groove”. Effettivamente quel groove poi non lo ha mai abbandonato, è un marchio a fuoco nella sua pelle scura, un modo di fare musica, di suonare unico e peculiare, troppo radicato nel suo sangue. Accanto a lui lo scorso 22 Luglio a Roma c’erano 4 giovani musicisti, Justin Robinson al sax e flauto, Sullivan Fortner al pianoforte, Ameen Saleem al contrabbasso e Quincy Phillips alla batteria.
L’impatto con il quintetto è sbalorditivo. Che mangino pane e swing ogni mattina è quasi scontato, che lo riescano a fare così bene è una sorpresa. Non si può non ammirare, e un po’ anche invidiare, la loro facilità di esecuzione, la capacità di creare frasi leggere come le nuvole. Il loro virtuosismo, portato all’estremo non stona, non dà fastidio. Che sia be-bop o funk, il suono è sempre piacevole e swingato. E così si è ammirato il sax alto di Robinson, dal suono potente, tecnicamente eccentrico, e il batterista Philips perfetto in ogni momento. Saleem al contrabbasso lo seguiva con la sua ritmica corposa, straordinaria rispetto alla media dei musicisti europei, per non parlare del giovanissimo pianista Fortner, classe 1986, intelligente e tecnicamente audace. Tutti giovanissimi, virtuosi e sinergici. Ma la star della serata è naturalmente Hargrove con il suo suono unico, dolce e pieno. Un suono troppo bello per denunciare magari una non perfetta forma fisica. Il trombettista americano impreziosiva il concerto ogni volta che soffiava dentro il suo strumento, nelle ballad era poetico e dolce, e poi pieno di groove soul nei pezzi più funk. Si può certo far notare come non sempre era intonato quando ha cantato “Never let me go”, ma anche la sua voce era malinconica e graffiante. Nel bis si è lanciato con la sua tromba in mezzo al pubblico del parco come le rock star, e seguito dal sassofonista ha suonato tra le file di sedie senza perdere un attimo di ritmo e di concentrazione. Un artista sui generis, sicuramente poliedrico. Investito del sacro vincolo dello swing. E così sia!
Valeria Loprieno
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