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Elad Lassry a Milano

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[ARTI VISIVE]

lassry3MILANO- Fino al 16 settembre al PAC di Milano è visitabile gratuitamente la mostra di Elad Lassry, artista israeliano trapiantato negli Stati Uniti.
Una mostra basata sulla cura meticolosa della forma, composizioni ben orchestrate, ricerca di un senso di straniamento tra fotografie (bellissima la serie su Antonty Parkins) e filmini 16 millimetri. Si rifà a Duchamp e alla Picture Generation, e le sue composizioni, freddissime, sono tutte perfezione formale, quasi immagini pubblicitarie.
I soggetti sono familiari, per lo più persone, oggetti e animali, ma ritratti in modo straniante e ogni immagine ritratta appare artificiale. Questo è il fascino di Lassry, o il motivo che non ce lo fa piacere.
Spesso, come in “Cherries”, “Woman” o “Tadpole structure” si utilizzano superfici riflettenti che fungono da basi per oggetti che enfatizzano la messa in scena fotografica. Spesso, come in “Three Men” la messa in scena richiama la fotografia di moda, ma portando il livello dell’artificio a un livello paradossale.
Le situazioni sono tutte costruite, e lo sono in modo che si veda. I soggetti sono coscienti del fatto che sono sotto un obiettivo fotografico. In tutto questo, nessuna parola. Non solo nei filmoni, ma nessuna parola. Non c’è narrazione, solo straniamento, repulsione e ambiguità.
Diciamocelo, le opere in mostra al PAC danno fastidio. Sono fluo, senza ombre, senza profondità, fredde e ritraggono anche soggetti brutti, fastidiosi.

Silvia Tozzi

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