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Thurston Moore: demolire con delicatezza

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[MUSICA]  

thurston-mooreROMA- Cantante e chitarrista dei celebri e celebrati Sonic Youth, con Demolished Thoughts alla terza prova da solista (o meglio con una band di cui porta il nome), Thurston Moore si è presentato nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica lo scorso 8 dicembre in versione acustica, accompagnato da arpa e violino.

Un’icona della scena alternativa mondiale, capace di salire sul palco con una brillantezza da sospetto e allegro stato alterato, a testa bassa e occhi celati dietro i capelli, Moore conserva una voce e un dinoccolato portamento che restano quelli di chi d’aver superato i cinquant’anni non ha proprio l’aria. Giovane rimane la sua grinta sul palco, Thurston-Moore2giovane anche la voglia di raccontare di cuori senza tempo, di desideri dentro i quali scorrono sangue e passione, di rivolte psichiche e interiori.
Aprendo il concerto con una dedica a Monica Vitti e alla sua magnetica e aliena figura ne L’eclisse di Antonioni, Thurston ci fa intendere che di questa nostra terra da far esplodere presto ne sappia abbastanza (durante i bis loderà anche quella trattoria Dino & Toni capace di salvare la giornata di chiunque…). Inizia poi il suo viaggio con i pezzi di Demolished Thoughts – album prodotto da quell’altra istituzione dell’alternative americano che è Beck – regalandoci sonorità che corteggiano il folk ma restano cariche di una certa irrequietezza, contaminando quelle che potrebbero essere tentazioni pop con una delle voci più carismatiche e spiccatamente riconducibili al noise degli ultimi trent’anni.

I suoi pensieri demoliti sono pregni di evocazioni e rimandi ad un ecosistema sonoro e mentale lontano dallo stridore meccanico metropolitano, con concessioni alla solarità e all’armonia (“Benediction”), fughe sognanti ed extratemporali (“Orchard Street”, “Space”), discese nelle tenebre (“Mina Loy”, citando la poetessa bohemien tra futurismo e surrealismo della prima metà del ‘900, già omaggiata da Billy Corgan) e ostinate dilatazioni dal vivo, code strumentali che paiono operazioni di scrittura sonora da compiere necessariamente dal vivo, sul palco, a dispetto di quel che qualsivoglia incisione (su disco o in memoria) pre-registrata.
Tra piccoli involontari sketch, (quasi suThurston Moore3bito il chitarrista della band rompe una corda; lo stesso Thurston ha un raffreddore che lo costringe a comiche pause fazzoletto) e ripescaggi di brani dal precedente Psychic Heart (1995), “Queen Bee and her Pals”, “Patti Smith Math Scratch”, una volta compiuto il rientro di rito da bis, Thurston si divincola dalla sua giacca e dalla più matura sobrietà, riacquista il suo stile indie e vira verso il repertorio Sonic Youth, indugiando con piacere verso le distorsioni tanto care, e riconquistando buona parte di quei fan accorsi soprattutto per riassaggiare ancora una volta quei vibranti stridori cari alla gioventù sonica, forse persasi per sempre all’annuncio ancora fresco della separazione – dopo quasi trent’anni di matrimonio e d’amore – tra Thurston e l’altra metà della band, Kim Gordon.

Salvatore Insana

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