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Sguardi S-Velati IV

Immagine rassegna RCS

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  Stelle Danzanti – storie di donne delle carceri

TomarelliÈ andato in scena dal 4 al 6 novembre scorso al Teatro Due di Roma per la rassegna Sguardi S-Velati, lo spettacolo intitolato Stelle Danzanti – storie di donne delle carceri scritto, diretto e interpretato magicamente da Chiara Tomarelli in collaborazione con Linda Dalisi.
Non si tratta di uno spettacolo teatrale fine a se stesso, piuttosto di uno spettacolo profondo che parla, comunica, spiega e fa vedere ciò che generalmente non si vede, ciò di cui non si parla, ma che esiste. E si tarda a capire volontariamente, finché le situazioni non fanno tragicamente clamore.
Una performance che può esser considerata contemporanea sempre, in ogni spettro di riferimento temporale per il suo contenuto.

Chiara Tomarelli
spinta dall’istinto di capire cosa ci fosse dietro quella invalicabile porta carraia delle carceri comincia a documentarsi e a raccogliere testimonianze vere, reali, di donne che vivono e/o hanno vissuto nelle carceri, siano esse private della libertà fisica, siano esse addette al ruolo (es. poliziotte che vivono l’ambiente carcerario per lavoro). E da qui, da questa sua dignitosa e rispettosa curiosità è riuscita poi ad elaborare e portare in scena uno spettacolo teatrale che mostra quello strano e apparentemente lontano luogo carcerario, cominciando a raccontare le diverse storie di vita, interpretando fino al midollo le diverse donne che l’attrice ha incontrato.
Ha cominciato a sbrigliare quel nodo stretto e anche la lingua inceppata di una donna straniera arrivata in Italia tramite conoscenze che lascia il suo lavoro, rischiando tutto per il bene della famiglia, fidandosi di qualcuno che le aveva promesso una vita nuova, diversa, ma che poi si ritrova a vivere un incubo, catapultata in un mondo surreale.
E ancora la storia di una donna che racconta le sue ore di isolamento che poi divengono affollamento; la storia di una donna accecata da quella continua e fastidiosa luce artificiale che la insidia provocandole un forte senso di malessere; una storia di donne-mamme detenute con i loro bambini e le varie conseguenze. E poi infine, anche la storia di una donna poliziotto, anch’essa turbata, dalle consuetudini errate di comportamenti istituzionali e che si trova a scontrarsi con una realtà imprevista e con un’umanità calpestata. Schiaffeggiata metaforicamente dalla vita reale delle carceri, rispetto alla ‘favola’ di una rispettabilità doverosa nei libri di teoria.

Una serie di storie al femminile dunque, che l’attrice interpreta meravigliosamente sulla scena, con il sentimento più profondo e sentito di una persona che ‘denuncia’ lo status e le condizioni disumane di tutti coloro che sono, sì detenuti – il ché significa privati della libertà fisica-, ma non costretti a sottomettersi e ad esser privati di ogni diritto, anche quelli più semplici e naturali quali la luce, l’aria, l’acqua, il lavoro e la possibilità di reintegrazione e riscatto nei confronti del mondo.
Uno spettacolo che merita di calcare le diverse scene teatrali per la sua essenza e le finalità educative che dimostra.

Maria Logroio

 

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