Invito alla Danza, molto più di una rassegna
Abrazame Tango: una storia d’amore
Se l’italiano medio sente pronunciare la parola tango pensa subito ad una bellona, avvolta in un paio di calze a rete che lancia le sue lunghe cosce qua e là e che per caso si trova abbracciata ad un tizio di nero vestito, col fare da gangster, il panama in testa e la rosa in bocca. Bene, questo NON è il Tango!
Per d-epurarsi da questo luogo comune occorre specificare che prima di essere un ballo, il tango è una musica, una canzone, appunto un “pensiamento triste que se baila”. Ogni tango racconta la storia di un varón e della sua porteña e la leggenda narra che ogni uomo argentino sogni nel suo intimo di essere tradito dalla propria compagna, per riuscire a capire fino in fondo il tango e poterlo ballare con il trasporto necessario.
Ed è questa la vera sintesi del tango: Il tango è una storia d’amore .
In occasione di Invito alla Danza presso Villa Doria Pamphilj torna in Italia il MAESTRO, Miguel Angel Zotto, considerato (a ragione) uno dei più grandi ballerini di tango della storia.
Lo spettacolo Abrazame Tango non è altro che la rivisitazione dello spettacolo TangoX2 già portato in scena sui palchi romani, con meno ballerini e senza un filo conduttore, ma in buona sostanza è lo stesso. Coreografie che spaziano dal tango alla milonga, qualche abito paietatto di troppo e a differenza di TangoX2 un’orchesta dal vivo.
Età media degli spettatori 76 anni. Questo per chi conosce il tango e lo ama è un colpo al cuore, ma si ritorna al concetto di cui sopra, in cui il tango è o “Ballando con le stelle” oppure la balera di turno con la musichetta di Julio Iglesias.
Lo spettacolo nasce comunque in sordina.Le prime coppie che si esibiscono, per quanto brave e precise non trasmettono un profumo di Buenos Aires querido. Nella loro postura, nel loro modo di danzare il tango e in quello di “amarsi” sulle note suonate dalla bravissima orchestra Hyperion Ensemble si percepisce il loro passato da ballerini di danza moderna, classica e jazz. E’ tutto troppo esaltato, tutto troppo impostato, tutto troppo poco tango.
Buenos Aires arriva solo quando è il Maestro a calcare il palcoscenico. Eccolo, con la sua bellissima Daiana Guspero (compagna di Zotto anche nella vita) che incarna alla perfezione quello che una vera milonghera dev’essere: sensuale ma non volgare, totalmente innamorata del suo milonghero da abbandonarsi a lui, da far si che lui conduca il gioco, la danza, gli adorni, i ganci e la sacada. Daiana è il doppio di Miguel.
L’abbraccio, che nel tango è tutto, in questa coppia è perfetto. L’energia di due persone che si desirano nel senso più puro del termine, sorridono, perché il tango non è triste, anzi. Ballano , senza pensare a come, dove, quando o perché. Loro danzano sulle note e con le note, come se fossero colonna sonora di un sogno, di un litigio, di passione.
Negli “otto” di Daina c’è l’infinito.Un gettarsi totalmente tra le braccia del proprio uomo e far si che sia lui a portati avanti o indietro, per poi rubargli un adorno e scoprire leggermente la gamba per sedurlo e in quell’attimo, in quel frangente, essere la donna dei suoi sogni, la sua porteña capace di lasciarsi condurre è vero, ma solo perché è lei a volerlo.
Il bandoneón, suona inarrestabile le melodie che vanno da Gardel a D’Arienzo e i piedi si muovono all’unisono, molli e agili e i corpi sono uniti, dipendenti l’uno dall’altro, perché proprio come citava Carlos Gardel il tango nega la matematica.Nel tango 1+1 fa sempre uno: la coppia.
Zotto è in grado di grandi cose, hai il fuoco dentro di sé, ma senza il sapere, perché non sapere è fondamentale nel tango. Asseconda l’energia del suo corpo, combinando il fare da uomo che non deve chiedere mai all’essere il baricentro della sua donna.
Le coreografie che si susseguono sul palco sono tutte belle, alcune raffinate, altre meno, ma si ha quasi la sensazione che diano al pubblico ciò che vuole. Molti degli spettatori (non tutti spero) saranno usciti di lì pensando che se andranno a comprarsi una calza a rete e un panama potranno simulare lo stesso tango.
Errore fatale. Come nell’accoppiamento, anche nel tango non è importante quello che succede nella parte inferiore del corpo, quello è solo il finale. La parte più bella, difficile e intensa è quella che avviene su tra le mani, i cuori, i respiri, l’energia nel busto dell’uomo che determina dove si andrà e come.
Il maestro è sorprendente sempre e comunque e guardarlo è un incanto. Lui è nato milonghero, lo è da sempre. Sa come farsi amare. Guardarlo, non vederlo, significa depurarsi totalmente dalla comune e malsana idea del tango e chi già lo balla o lo apprezza nella sua essenza, non può dopo aver visto lo spettacolo, non sprofondare nella malinconia di non essere in una milonga, lì a Buenos Aires, e aspettare che qualcuno con un solo sguardo ti chieda di “amarlo” solo per il tempo di una tanda.
Il tango è un animale strano. Divide i piedi, unisce i cuori, compromette tutto. E’, per un attimo, consolatorio e l’istante dopo allegro e poi torna ad essere straziante, lascivo, suadente: amore puro.
Ornella Stagno
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