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Il folle genio di Stefano Bollani

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[MUSICA]

bollaniROMA- C’ è solo un uomo che può riempire una sala di 2700 posti da solo con il suo strumento in un lunedì che inaugura il mese più vacanziero dell’anno. Mentre la città si svuota, e il traffico ci dà tregua, una sala grande e bellissima e condizionatissima dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, la Sala Santa Cecilia, si riempie, in controcorrente rispetto alle spiagge, per accogliere uno dei più grandi e indiscussi pianisti dell’era moderna.

Sul palco, abituato a contenere a malapena le orchestre complete, si erge isolato, bellissimo e solitario il pianoforte a cui ha dato vita, lo scorso 1 Agosto con le sue mani e la sua anima, l’orgoglio nazionale della musica jazz e non solo, il grande Stefano Bollani.
Immancabile nel programma del Festival Luglio Suona Bene, come immancabile nel programma di quasi tutti i festival del continente, Bollani è sinonimo di qualità e di popolarità. Un volto noto ai più per le sue apparizioni televisive, ai meno per i suoi programmi radiofonici deliranti in compagnia di Riondino, a tutti per le sue accattivanti e, qualitativamente parlando, eccezionali performance musicali.
Vincitore di importanti referendum in Italia e in Europa, come il  prestigioso Hans Koller European Jazz Prize come migliore musicista europeo dell’anno 2007, non si contano più le sue apparizioni in giro per il mondo in compagnia dei più grandi musicisti jazz.
Osannato dal pubblico, incomincia il suo show, con tre pezzi meravigliosi, “I loves you Porgy”, “Summertime” e “But not for me”. Un pubblico attento e competente avrebbe dovuto subito notare  quale sarebbe stato il filo conduttore della serata, se non fosse che Bollani con il suo modo di suonare ti trascina in un vortice di passioni che confonde. Destruttura i pezzi, improvvisa partendo dal tema, le sue variazioni di tempo e di intensità ti travolgono senza che tu te ne accorga e, mentre la sua mano sinistra continua ad andare si permette anche di scherzare con la sua mano destra, di strapparti il sorriso con una naturalezza e una eleganza unica. E così nel suo primo intervento parlato ci annuncia che ha voluto dare un tema alla sua serata in piano solo, il tema è ovviamente Gershwin. Continua con “Someone to watch over me” e lo fa stupendoci con una dolcezza e un lirismo fuori dal comune. E poi subito dopo il delirio.

Suona con l’asciugamani, con i gomiti, con la spalla, improvvisa medley di “An American in Paris”, si arrampica sulle Stefano_Bollanistrutture Gershwiniane come un felino, suona il piano come se imbracciasse una chitarra rock, canta con voce stonata la bellissima “The Man I Love” e poi conclude con “They Can’t Take That Away from Me”.
Ma non ci fa aspettare molto per il suo primo bis consueto. Come da programma, consolidato da anni nei suoi piani solo, arriva con il  foglietto di carta e la sua matita per scrivere le richieste del pubblico per i suoi famosissimi medley deliranti. E quindi vai con “44 gatti”, l’imitazione di Paolo Conte e Battiato, “O sole mio”, “Estate”, “Jeeg robot d’acciaio”, “Copacabana”, e la meravigliosa “Chega de Saudade”, in quello che non è solo un modo per far ridere il pubblico e strappare applausi, ma è anche un fantastico esempio di tecnica, cultura e abilità interpretative, e canore, uniche ed originali. Conclude con una spettacolare imitazione di Fred Bongusto nell’atmosfera elettrica e divertita dell’Auditorium.
Richiamato per un altro bis, ci diletta con un altro suo grande amore musicale, la bossanova e il Brasile, e quindi un trittico brasiliano che include anche Chico Buarque.
Un grande talento, un ironia devastante, un carisma magnetico e disarmante, ma soprattutto una tecnica eccelsa e una capacità di emozionare fuori dal comune, un folletto geniale, un saltimbanco dell’arte, un artista con la A maiuscola. In un mondo perfetto quest’uomo dovrebbe avere il doppio del successo, ma lo sappiamo, un mondo perfetto non è, e quindi ci accontentiamo di averne riconosciuto i meriti e di averne goduto per una sera e, speriamo per tante altre ancora.

Valeria Loprieno

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