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Gli U2: marziani a New York

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[MUSICA]

P1050968NEW YORK- In New jersey, nello stadio dove giocano i Giants a mezz’ora da New York, hanno suonato 24 volte. Si sentono un po’ a casa quando oltrepassano l’Oceano e il pubblico americano li adora. Due ore e mezza e trent’anni di carriera: rispetto ai primi anni di attività Bono e The Edge hanno qualche ruga in più e molti capelli in meno, ma la loro musica è rimasta sempre la stessa: forte, genuina, rock.


Ho ritrovato la scaletta di uno dei primi concerti. Molte canzoni sono le stesse. Come potete vedere certe cose non cambiano mai”, ha urlato Bono a uno stadio sold out.
Quando mercoledì 20 luglio alle 21.20 le luci dello stadio si sono spente, quello che era sembrato fino ad allora un grande insetto si è trasformato in una navicella,  al centro dello stadio dove abitualmente gioca la squadra di football dei Giants. Quattro bracci giganti, 10000 luci spettacolari, e dischi arancioni fluorescenti ad ornare l’impalcatura.
Per concludere le ultime tappe statunitensi del 360gradi Tour, arrivato in New Jersey con un anno di ritardo per problemi fisici di Bono, gli U2 hanno scelto un’atmosfera ultraterrena, proprio nel giorno in cui l’America chiudeva tutti i conti con lo spazio con l’ultimo viaggio dello shuttle Atlantis.
Ventinove canzoni in scaletta, Bono ha aperto la serata cantando proprio “Space Oddity” di David Bowie, la storia di un’astronauta che perde tutti i contatti con la Torre di Controllo e rimane per sempre a galleggiare “lontano, sopra la Luna”. E poi via a ripercorrere l’intera carriera: “In the name of love”, “Mysterious ways”, “I still haven’t Found What I’am looking for”. Bono, con gli irrinunciabili occhiali da sole,  ha stupito cantando anche in italiano una strofa di “Miss Sarajevo”.

Attraverso un videomessaggio registrato dallo spazio, l’austronauta Mark Kelly ha poi anticipato “A beautiful day”, proprio la canzone della band che la moglie Gabrielle Giffords (la deputata democratica vittima di un attentato a gennaio) gli fece arrivare sull’astronave come sveglia nel primo giorno della missione.
Le telecamere che proiettano gli U2 sugli schermi giganti fanno fatica a seguire Bono, che corre incessantemente tra i ponti mobili che collegano il palco a una passerella circolare dove si riversano i fans giunti fin dalla mattina per vederlo. La voce ogni tanto manca, ma il pubblico glielo perdona e canta più forte per aiutare il cantante irlandese.
E poi ovviamente non c’è Bono senza attenzione al sociale. “Non è vero che la speranza è finita, cambiamole le cose che non vanno e creiamo un futuro migliore”, urla mentre con la chitarra, The Edge faceva partire le note di “Sunday Bloody Sunday”, e lo schermo gigante proiettava le immagini delle bandiere insanguinate della Tunisia, dell’Egitto, dello Yemen e della Siria. “Domenica sanguinosa, e la battaglia è appena iniziata… Per quanto tempo dobbiamo cantare questa canzone?”. “One Love” invece la dedica alla campagna di Amnesty International “One” (“Uno”, perchè basta una sola persona a cambiare in piccolo le storture del mondo).
Per il gran finale ovviamente “With or without you”: sono stati I fans in coro a cantarla. “Sono una persona che ha poche pretese -ha concluso Bono- bastano 95 mila persone che urlano con me a rendermi felice”.

Donatella Mulvoni

Donatella Mulvoni, martelive, martemagazine, musica, New York, Notizie, U2

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