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Back to Black: genio e sregolatezza

Amy_Winehouse
[MUSICA]

Amy_WinehouseLONDRA- In un giorno in cui il mondo è in lutto totale e devastante per la tragedia di Oslo, sembra quasi sbagliato piangere una giovane donna che si lascia morire, ma la morte va rispettata in ognuna delle sue forme e paradossalmente è più tragica quando qualcuno decide di morire.


Amy Winehouse si è spenta, da sola, nella sua casa londinese, per mano di nessuno se non della sua e del suo Dio, per colpa delle droghe, dell’alcool o forse della solitudine.
Il pensiero vola subito a Marilyn, forse perché condividevano la maledizione dell’infelicità, gli occhi pieni che probabilmente avevano visto troppo, nonostante la giovane età o il peso di un successo che sottolineava il loro insuccesso come donne. Probabilmente essere belle e maledette, seppur con il sacro fuoco dell’arte che scorre tra le vene, non aiuta nemmeno coloro che possono permettersi ciò che i comuni mortali sognano.
Ci si chiede come possa decidere di buttarsi via qualcuno che ha soldi, il lavoro dei suoi sogni, album venduti, tour e una voce indimenticabile, ma probabilmente come cita il detto non è questo che fa la felicità.
Due album, svariati premi, tanto gossip sulla sua vita da bad girl: disintossicazioni, svenimenti, figuracce sul palco perché non riusciva a reggersi in piedi perché troppo sbronza, e poi la  tournée annullata.
Di Amy WineHouse si è chiacchierato tanto, chissà se l’abbiamo ascoltata allo stesso modo, chissà se prima di giudicarla abbiamo ascoltato la sofferenza che proveniva dai suoi pezzi. E poco importa che a segnarla sia stata un’infanzia infelice, un amore tragico o l’innato senso di ribellione, la sua voce rotta dall’alcool e dalle lacrime rimane lì, fissata su un cd che oggi acquisisce un senso in più: la verità che solo la morte sa dare.
Ricordo un frammento del cartoon Griffin in cui si rappresenta una sorta di paradiso e un tavolo attorno al quale ci sono Kurt Cobain, Van Gogh, Hemingway e nonostante l’ironia della scena trovo poetica quell’immagine, perché è bello pensare che il “dopo” sia così: un tavolo attorno al quale i maledetti, che poi maledetti non è detto che siano, si ritrovino e si confrontino in un “per sempre” che rimane anche a noi grazie alle loro opere, che siano canzoni, quadri, libri, film o poesie.  Sicuramente a quel tavolo oggi  tra Cobain, Elvis e Marilyn, Van Gogh, si è aggiunto un posto, quello di Amy.
Recitava Amleto: “Morire, dormire, nulla di più, e con un sonno dirsi che poniamo fine al cordoglio e alle infinite miserie naturale retaggio della carne, è soluzione da accogliere a mani giunte.”
Ciao Amy, have a nice trip…

Ornella Stagno

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