Violapolvere con ScuderieMArteLive
[MUSICA]
ROMA- Basta un pizzico di curiosità, l’occhio puntato sulla colonnina degli inviti ad eventi su Facebook e un po’ di memoria, e non ci vuol molto a ricostruire la pista che porta a certificare l’oramai avvenuta nascita di un vero e proprio nuovo microcosmo cantautorale intimista di scuola romana.
A darne un ulteriore indizio è ScuderieMartelive, che lo scorso giovedì 23 giugno ne ha “abbinato”, sul palco dell’Antù, due fieri esponenti.
E’ un pubblico folto e affezionato quello che si fa trovare puntuale allo start, affidato alla presentazione unplugged di Faccio Pop, esordio discografico del giovane Vittorio Pagano.
Tra ondate gentili di emozioni e sfacciato romanticismo, il breve show del giovane Pagano mette in mostra timidezza e insieme entusiasmo, sussurro e voce piena, speranza e malinconia, e in generale una
rilettura convinta, ancorché a tratti un po’ naif, dell’eroe melodico italiano. Più che all’energica cover bluesy di “Scende La Pioggia”, o alla scanzonata title track a presa rapida “Faccio Pop”, prestate l’orecchio
al contrappunto tra aperture ariose come “Cappello A Cilindro” e la notturna ansietà di “La Mia Novità”: ci troverete lo stesso DNA che accomuna il nostro cantautorato su scala sia nazionale (l’omaggiato Morandi
o la drammaticità di un giovane Cocciante) che prettamente romana (la citazione di Tiziano Ferro, ancorché un po’ prevedibile, è tutt’altro che casuale, e ci sentiamo di fare un altro nome, quello di Massimo Di
Cataldo).
A seguire, i Violapolvere.
L’attesa che li circonda non è solo quella degli affezionati, ma anche la nostra, specie dopo essere andati nella loro “tana” a carpirne le nuove intenzioni ed aver misurato in studio quelle Distanze che danno il
titolo al loro secondo passo discografico, e che il loro set sembra proprio voler percorrere fisicamente.
Ad esempio, le distanze che passano tra lo stupore pulsante dell’iniziale “Non Ha Senso” e le memorie dolorose di “Come Se Volessi”, o quelle tra la terrena “Sono Ancora Qui”, la dolcissima “Davanti Ai Tuoi Occhi Dipinti Di Nero” e la siderale invocazione di “Anima”, che si candida autorevolmente a miglior brano del lotto.
Oppure, in altra chiave, le distanze che il nuovo lavoro solca rispetto al precedente: tra le “superstiti” in scaletta, mentre “L’Universo Che Non Va” mescola liriche acidule e disincantate con un irresistibile pretesto per sculettare in chiave disco, le classiche “Feel Happy” e “Come Robinson” sorridono e regalano pennellate raggianti e caraibiche, ma tutte e tre sembrano giovarsi non poco del nuovo corso sonoro della band, meno liquido e più compatto e vicino al beat e al rock internazionale.
Un viaggio che ha luogo a bordo di un live intenso e scorrevole, tra il gusto di rileggere “Rosso” di Niccolò Fabi in una chiave meno paranoica e molto più dark rispetto all’originale, e un finale che non manca di trasformarsi in una piccola festa, quando salgono sul palco Gianmarco Dottori e lo stesso Vittorio Pagano.
Tutti insieme intonano la catartica “Rumore Bianco”, e soprattutto offrono un ritratto emblematico di questa piccola nuova – ma sì, azzardiamolo il parolone – scena cantautorale di Roma.
Sicché, un attimo prima che le luci si spengano, dà una bella sensazione constatare che le distanze si possono constatare, ma anche percorrere con ostinata speranza. Fino a ridurle allo spazio di “Molecole”.
Francesco Chini
Foto di Corinna Zerbinati
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