Il Pasticciaccio di Gadda a teatro
[TEATRO]
ROMA– Roma, marzo 1927,
primi anni del fascismo. Il commissario della Squadra Mobile di Polizia Francesco “Don Ciccio” Ingravallo è incaricato di indagare su un furto di gioielli ai danni di un’anziana donna di origini venete, la vedova Menegazzi.
Nello stesso palazzo, teatro della rapina, avviene un fatto criminoso orrendo: la signora Liliana Balducci, moglie di un uomo piuttosto ricco, viene uccisa. Le indagini cominciano, e man mano che avanzano l’enigma invece di sciogliersi si infittisce sempre di più, precipitando nel vortice di testimonianze e avvenimenti fuorvianti.
La vicenda di certo non suona nuova, si tratta infatti della trama del celebre romanzo di Carlo Emilio Gadda Quer pasticciaccio brutto de via Merulana a cui lo spettacolo è liberamente ispirato.
In scena dal 7 al 12 giugno al Teatro Studio Uno, la pièce Un Pasticciaccio dell’Associazione La cattiva strada per la regia di Lorenzo Montanini, mantenendosi fedele all’opera originaria adatta il testo di Gadda restituendo allo spettatore l’intreccio fitto di dialetti e incomprensioni del testo e l’ordito di debolezze e incoerenze umane che caratterizzano la storia, coinvolgendolo appieno.
La rappresentazione prende infatti vita ogni sera per non più di 15 spettatori che, raccolti in una stanza molto piccola, hanno la possibilità di creare un proprio percorso e una propria prospettiva all’interno dell’opera. In questo senso, l’idea di base dello spettacolo è volta a ridefinire il rapporto con lo spettatore, rendendolo parte di ciò a cui sta assistendo, facendolo inerpicare quasi in prima persona nella mutevole linea narrativa della rappresentazione, che a tratti si fa salda lungo la stretta via degli indizi alla ricerca di una soluzione per poi disfarsi ogni volta nei sogni di voluttà del protagonista (sempre se di un unico protagonista si può parlare).
Raccontare nel dettaglio come si svolge l’emozionante sviluppo narrativo e rivelare “chi è l’assassino” del giallo non avrebbe senso e più che altro, in questo caso, non sarebbe nemmeno possibile: l’intrico di personaggi e immagini, gli interrogativi, le versioni contrastanti dei fatti (come nel romanzo) non porteranno infatti ad alcuna risposta – ecco qui svelato il colpevole –, ma approderanno piuttosto a una concezione della realtà in cui anche Gadda si riconosceva, per cui l’esistenza è troppo complessa e caleidoscopica per essere spiegata e ricondotta a una logica razionalità.
La vita risulta essere un caos disordinato in cui comico e tragico si affiancano e si confondono tra loro, è un “pasticciaccio” di cose, persone e linguaggi che non possono essere strutturati e messi in riga seguendo un criterio infallibile.
Alice Salvagni
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