Oscenamente divina: Chiara Caselli interpreta Molly Bloom
[TEATRO]
ROMA- Ultima replica domenica 8 maggio al Teatro Piccolo Eliseo Patroni Griffi per Molly Bloom, una lettura scenica dal capitolo finale dell’Ulisse di Joyce. Adattamento, regia e interpretazione sono opera di Chiara Caselli, bravissima attrice bolognese classe 1967 particolarmente legata a questo testo che, ascoltato nell’interpretazione di Piera degli Espositi all’età di 10 anni, è stato uno dei motivi che la spinsero ad intraprendere la strada della recitazione.
“Ricordo quello spettacolo con Piera-Molly e mia madre preoccupata che io capissi. Capivo, eccome. Era bellissimo, e semplice, e naturale. Oggi, quando ho ripreso il testo per affrontarlo/incontrarlo da sola, semplice non mi è parso più”. Così il ricordo del primo incontro con il testo, certamente complesso da affrontare sia dal punto di vista letterario, sia, soprattutto, da quello interpretativo: delicato è il lavoro dell’attore che deve trovare una voce “convincente” per un personaggio letterario dotato di vita propria, figuriamoci quando il personaggio esibisce una voce del genere di Molly. Più che di voce, poi, si parla di pensieri, emozioni e sensazioni, quello che in una definizione è il flusso di coscienza (stream of consciousness) che dal ‘900 in poi si è imposto nella letteratura, come la rappresentazione cristallina dei voli mentali di cui è capace l’essere umano. La ricerca, racconta ancora l’autrice, è stata indirizzata alla naturalità nel senso biologico del termine, come se quel pensiero diventasse il suo senza essere l’interprete del personaggio, ma direttamente il personaggio stesso, la sua voce.
Il risultato è travolgente, ad iniziare dalla la scelta scenica: un palco vuoto e buio, solo un cono di luce accoglie l’interprete che emerge dall’oscurità come il pensiero dal silenzio della mente. Le parole si sporgono sull’abisso del silenzio, in un momento quasi senza tempo, in bilico, perché quando inizieranno non si fermeranno se non quando tutto sarà stato detto.
I pensieri di Molly -a letto in attesa del marito- toccano tutto il suo mondo, la sua professione di cantante, il matrimonio insoddisfacente, l’amante, il sesso, i ricordi di infanzia a Gibilterra, la spesa, i tradimenti reciproci.
Un vortice che risucchia lo spettatore e sembra anche togliere l’aria in sala. Il testo venne accusato di oscenità all’epoca della sua diffusione in fascicoli sulla rivista americana The Little Review per il contenuto erotico che, in particolare in questo monologo, trabocca nei pensieri della protagonista.
Il sesso è l’argomento che ritorna più spesso nei ricordi dei rapporti con l’amante Boyle, con il marito fedifrago e anche nei primi amori adolescenziali. Proprio nell’espressione del piano erotico, l’attrice mostra di aver raggiunto quella naturalità biologica di cui sopra: i ricordi dei felici orgasmi con l’amante sono gemiti di piacere, mentre le mani si toccano i seni di cui va così fiera.
Si prova imbarazzo non per un pudore che in teatro e in genere nell’arte risulta essere un sentimento assolutamente risibile, ma perché la naturalezza del gesto e dell’atmosfera creata fanno sentire lo spettatore un intruso nell’intimità altrui. Se il testo può risultare osceno per qualche puritano, affermiamo che in effetti è oscenamente divino. Eppure l’erotismo di Molly nel corpo di Chiara Caselli assume anche una nota di amarezza, metafora della purtroppo brevissima durata di un’unione che il personaggio sente di non poter raggiungere, nell’amore per un uomo come in quello per la figlia Milly.
Lo spettacolo ci ruba alla vita, coinvolgendoci per un lasso di tempo fluttuante e incalcolabile nella vita di un personaggio fragile e splendido in cui non stentiamo a riconoscere noi stessi, i nostri tormenti e i nostri stessi pensieri: sublimi e banali.
Francesca Paolini
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