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L. Tolstoj, Chadži-Murat

chadzi-murat_copertina

chadzi-murat_copertinaGli occhi di questi due uomini, incontrandosi, dicevano l’un l’altro molte parole che non si potevano pronunciare, e non erano affatto le parole che aveva detto l’interprete. Direttamente, senza parole, raccontavano l’un l’altro tutta la verità: gli occhi di Voroncov dicevano che lui non credeva a una parola di quel che aveva detto Chadži-Murat, che lui sapeva che Chadži-Murat era un nemico di tutto quello che era russo, che sarebbe sempre rimasto tale e che adesso si sottometteva solo perché vi era costretto…

E Chadži-Murat lo capiva e assicurava, tuttavia di essere fedele. Gli occhi di Chadži-Murat, invece, dicevano che quel vecchio avrebbe dovuto pensare alla morte, e non alla guerra, ma benché fosse vecchio, era scaltro, e bisognava stare attenti con lui. E Voroncov lo capiva e tuttavia diceva a Chadži-Murat quel che riteneva necessario per il successo militare.” (pp. 74-75)

È l’incontro tra Voroncov e il quasi mitico Chadži-Murat, in occasione del passaggio di quest’ultimo tra le fila dei russi; gli occhi dicono più di quanto non facciano le parole – inoltre mediate da un interprete. E sembra proprio di vederlo questo scambio di sguardi: vediamo sopracciglia alzarsi e abbassarsi in rapidi accenni, occhi che fuggono da una parte all’altra della stanza a significare messaggi precisi.
Storia di odio e violenza, ma anche di una certa poesia di sangue, Chadži-Murat di Lev Tolstoj affronta e analizza le tematiche dell’odio razziale, dei conflitti tra oppressori e oppressi con una finissima conoscenza delle sfumature emotive e personali che spingono la Storia, dietro la quale ci sono le piccolissime storie personali degli uomini che ne calcano le scene, ieri come oggi. Ecco la grandezza del classico.
Che dire del maestro romanziere Tolstoj? In lui come nei grandi narratori dell’Ottocento – soprattutto se russi – il romanzo giunge alla sua (ri)definizione sublime, l’epica e la lirica si fondono in un unico scenario che continuamente si rivela e si nasconde; se infatti Chadži-Murat è un personaggio realmente esistito e le sue vicende sono conosciute e documentabili, le sue emozioni e quanto gli si agitava nel cuore sono solo ipotizzabili. Qui arriva il poeta, il narratore, che da conoscitore dell’animo umano quale è, ne tratteggia moti e moventi. Un po’ come diceva il nostro Manzoni a proposito della differenza tra vero storico e vero poetico.

La traduzione di Paolo Nori, poi, arricchisce il testo di un valore aggiunto che rende quest’edizione una piccola perla sia per gli studiosi che per gli appassionati, ma anche per i semplici lettori curiosi.
Chadži-Murat è il primo volume della collana Sírin Classica, inaugurata per celebrare i quindici anni dalla fondazione della Casa e che conterrà alcuni classici della letteratura slava; prendendo probabilmente spunto da una riuscita idea editoriale Einaudi, Voland affida la traduzione dei volumi ad alcuni grandi scrittori, dei quali è giustamente riportato il nome in copertina.
Grande cura è anche riservata all’oggetto-libro: il piccolissimo formato – 10,5×15,5 cm – è una sorta di omaggio alla vecchia BUR, mentre il testo è finemente collocato nella pagina con un’impaginazione a bandiera e non giustificata.

Lev Tolstoj, Chadži-Murat, Voland, pp. 198, € 10

Chiara Macchiarulo

Chadži-Murat, Chiara Macchiarulo, letteratura, Lev Tolstoj, martelive, martemagazine, Recensioni, Voland, Voland Edizioni

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