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Sognando la California: e non è un titolo banale

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[TRIP: NOTE DI VIAGGIO]

viaggiQuel dolorino al braccio destro, di giorno in giorno sempre più forte, era sintomatico del nervosismo dovuto all’idea del viaggio aereo intercontinentale, il primo della vita di chi scrive. L’idea di stare 13 ore in cielo, senza vie d’uscita, non mi allettava per niente, ma la volontà di fare questo benedetto viaggio in California ha prevalso, non ci si può far fermare dalla paura dell’aereo.

Benedetto, perché questa California, Los Angeles in particolare, era un sogno da anni, se non altro per vedere finalmente dal vivo i Lakers e Kobe Bryant, Mecca obbligatoria per ogni credente dal sangue gialloviola.
Una volta sbrigate le formalità di controllo in aeroporto, molto meno lunghe e complicate di come mi erano state prospettate, è subito forte l’emozione di mettersi in macchina per le strade di Los Angeles, “freeways” viste per anni in tanti film, rallentando per gustarsi ogni singolo attimo di un momento sognato per tanto tempo, mentre il sole è ancora alto e caldo come in Italia è difficile trovare a metà marzo.
La prima sistemazione è a Marina del Rey, consigliatissima per chiunque volesse recarsi nella 05_-_LA_venice_beachcittà degli angeli, in quanto è a 20-25 minuti di macchina (indispensabile per muoversi) da ognuno dei luoghi da visitare in città: Santa Monica, Downtown, Hollywood, Beverly Hills. L’alloggio è il classico motel che si vede negli horror made in Usa, dove la vittima deve alloggiare per una sola notte e ci si ritrova sepolta per sempre, a forma di ferro di cavallo squadrato (ok, scusate la definizione, ma per geometria, costruzioni e ingegneria, l’allergia è sempre stata forte).
Soprattutto il motel è sul mare, Venice Beach è a davvero pochi passi. Avete presente quella spiaggia con lungomare infinito, piena di campi di ogni genere sportivo, di culturisti e innumerevoli negozietti che vedete sempre nei film, magari mentre il protagonista la percorre con una macchina decappottabile? Beh, quella è Venice Beach. Se siete fortunati col tempo, e chi vi scrive non lo è stato, trovando il marzo meno caldo a Los Angeles degli ultimi anni, potete già farvi il bagno e spendere una giornata di mare. Per smaltire il fuso orario non ci vuole molto, basta un riposino pomeridiano il secondo giorno e ci si rimette in pari con l’Italia, pronti per godersi al meglio il viaggio. Si gira in macchina per la città molto volentieri, rimanendo incantati non tanto per la bellezza, quanto per la “misticità” dei posti che si vedono, con grande comodità vista l’automobile con marce automatiche (eh si, allergia forte anche per frizione e cambio manuale). A proposito di viaggio in macchina, se siete terrorizzati dai racconti sul famigerato traffico di Los Angeles, sappiate che chi ve ne parla non è evidentemente mai stato a Roma o, quantomeno, non ha avuto nulla a che fare col traffico capitolino.

Siamo quindi pronti per gustarci al meglio la città. Cosa c’è da vedere a Los Angeles? I Lakers, verrebbe da dire! Ma capiamo che non tutti i lettori di questo magazine siano malati di pallacanestro, quindi dedichiamoci al resto. Culturalmente la città non offre molto, di antico non c’è assolutamente nulla, almeno parlando in termini di monumenti e luoghi storici. Proliferano, però, le gallerie d’arte.
19_-_LA_downtownNel visitare Los Angeles bisogna entrare nell’ottica americana, spogliarsi della veduta europea e saper apprezzare cose culturalmente da noi molto lontane. Qui bisogna andare a visitare i luoghi visti per anni nei film, vedere come sono cambiati nel tempo, osservare il glamour della città e capire che passeggiare tra i grattacieli di Downtown (pochissimi, nella verità) è comunque una esperienza culturale. I ritmi della città ricordano molto quelli romani: ognuno se la prende comoda, non c’è la frenesia newyorkese (dove tacciano di pigrizia gli angelini, vi ricorda qualcosa tra romani e milanesi?), i negozi aprono verso le 10:30 con estrema calma. Di diverso c’è una scarsissima partecipazione alla vita cittadina: a meno che non ci si trovi a Downtown, o in vie molto commercializzate come Sunset Boulevard, Hollywood Boulevard o qualche centro commerciale, nelle restanti zone è piuttosto raro vedere gente per strada, spiagge a parte. Ogni zona residenziale dei vari quartieri, da Santa Monica ad Hollywood, passando per Beverly Hills, è separata dalla zona “commerciale”, per cui si assiste ad uno scenario pieno di villette a schiera senza un negozio, neanche un supermercato, dove ognuno si fa i fatti propri dentro casa ed è difficile vedere gente per strada. Insomma possiamo dire che la costruzione di quelli che qui chiamiamo quartieri, non aiuta il socializzare delle persone, che possono incontrarsi appunto solo per negozi o locali.
Prima della partenza per San Francisco, assistiamo finalmente alla prima partita dal vivo dei Lakers. Vogliamo spendere solo due parole perché crediamo sia un’esperienza da consigliare a chiunque, anche chi non è appassionato di pallacanestro, perché per una mezza giornata può immergersi in un’atmosfera completamente diversa da quella che circonda lo sport qui in Italia. Innanzitutto sono previsti giochi e manifestazioni di intrattenimento fuori il palazzo dello sport, lo Staples Center, già da due ore e mezzo prima dell’inizio della gara, e si può veramente portare la famiglia come se fosse un pomeriggio al Luna Park. L’atmosfera dentro al palazzo è stupenda e gli americani vivono lo sport per quello che è: sana competizione, voglia di vincere, ma pur sempre sport, non una guerra, quindi si può tranquillamente andare in mezzo ai tifosi di casa con la maglia della squadra avversaria (impensabile da queste parti). Da un punto di vista sociale, l’aver messo lo Staples Center proprio nel mezzo di Downtown nel 1999 (prima i Lakers giocavano ad Inglewood, vicino all’aeroporto), ha rivitalizzato molto il centro cittadino, dove in molti hanno iniziato a costruire negozi ed alberghi e la zona non è più così malfamata come poteva esserlo fino a dieci anni fa (resta comunque sconsigliabile passarci di sera).

Ci mettiamo così in viaggio verso San Francisco, sono poco più di 600 km, molti per le nostre 50-_san_francisco_molidistanze, pochi per la logica americana. Possiamo iniziare con lo sfatare il mito delle fantastiche ed enormi autostrade americane, perché almeno nel tragitto percorso, di differenze con la A1 non ne sono state notate, se non quando nel panorama sono comparse le mitiche pale eoliche che dal mio punto di vista “fanno molto America”. Ad accoglierci nella città del Golden Gate ci sono tanta pioggia e una nebbia fittissima, un’atmosfera veramente degna di Alcatraz. L’albergo non è il classico motel dei film horror, ma in compenso qui, probabilmente, qualcuno ce lo hanno ammazzato sul serio. E’ un posto un po’ tetro, molto stretto, non per claustrofobici, di quattro piani, con scale larghe 20 centimetri ed un ascensore direi degli anni ’30. Il primo impatto con la California del nord, quindi, non è positivo. Io ed il mio compagno di viaggio ci guardiamo sconsolati pensando di tornare a Los Angeles prima del previsto, ma teniamo duro e ne varrà la pena. Consiglio per i naviganti: a San Francisco si gira con i mezzi, la città non è enorme come L.A. ed è ben collegata, e poi non si può non fare un giro sui caratteristici tram gialli visti e rivisti in ogni film, da Ma Papà ti Manda Sola? fino a Milk. Oltretutto girano anche dei tram che la città si fece mandare dall’Europa nei primi decenni del secolo scorso. Se siete fortunati potete salire su un tram milanese del 1928, con tanto di pubblicità italiane dell’epoca.
Ai nostri occhi la città è molto più gradevole di Los Angeles da un punto di vista culturale, come si sente dire spesso per certe città Usa, è molto “europea”. Personalmente mi verrebbe da dire che se un turista vuole gustarsi una città europea è giusto che vada in Europa e non negli Stati Uniti, ma il background culturale è comunque quello che è, così ci ritroviamo anche noi ad apprezzare San Francisco per la sua struttura da Vecchio Continente. La gente sembra partecipare molto di più alla vita cittadina, anche di sera sono molte le persone in giro per strada, soprattutto per il centro, che qui invece è il fulcro della città dalla mattina alla sera. Passeggiare per San Francisco è assai piacevole, le costruzioni sono caratteristiche ed esteticamente gradevoli, unica nota stonata il vento, che è perennemente presente ci dicono ogni giorno dell’anno. I posti da vedere, qui, sono molti: ovviamente il Golden Gate Bridge, davvero impressionante; obbligatoria poi una gita sui moli, i famosi “piers”, il numero 39 è quello con ristorantini e negozi, proprio sul mare, circondati dalla barche degli altri moli, tutto in legno, un luogo davvero piacevole. È in questa baia che si correrà la prossima Coppa America di vela, se vi affacciate da Pier 39 sul mare, potrete accorgervi di quanto sia vicina Alcatraz, al punto che i prigionieri impazzivano nelle notti d’estate nel sentire la vita e la gioia che venivano dal porto. Anche senza andarvi in visita, Alcatraz vi suggestiona solo osservandola, vengono in mente storie di criminali e di prigionie ai limiti dei diritti umani, spesso anche oltre. Passeggiando per il centro della città, poi, ci si può anche imbattere in edifici storici, a differenza di quanto accade a Los Angeles, come ad esempio la sede del mitico quotidiano San Francisco Chronicle. Union Square è la piazza principale di San Francisco, il “centro del centro”, che noi abbiamo trovato addobbata a festa per S. Patrizio, una festività molto sentita negli Stati Uniti.
A proposito di centro, un particolare che non può non balzare agli occhi è l’incredibile quantità di senzatetto in ogni angolo della città. C’è chi vive la propria disperazione buttato in un buco e chi prova a vivere la giornata improvvisandosi cantante od oratore. Purtroppo in centro è usuale sentire la sirena dell’ambulanza dalla mattina presto fino alla sera, spesso vengono a portare via qualcuno di questi senzatetto che non ce l’ha fatta. Il pensiero corre alle storie che possono avere dietro questi uomini: non so perché, ma ho come l’idea che siano diverse rispetto a quelle che si sente in Italia. Mi viene da immaginare che qualcuno sia rimasto qui dai tempi dell’68, magari un hippy che ha voluto continuare a vivere nel proprio ideale ad ogni costo, che non si è mai voluto piegare all’ideale di una vita “convenzionale”, che a San Francisco 40 anni fa ha trovato un paradiso che non ha più voluto abbandonare. Chissà se c’è anche qualche yuppie anni ’80, dipinti benissimo in Wall Street da Oliver Stone, che nel liberismo reaganiano giocava e si arricchiva in borsa, ma essendo un pesce piccolo quando poi è finito il giochino, si è ritrovato senza niente dietro. O forse no, sono le stesse storie di disperazione e sfortuna che accompagnano ogni senzatetto di qualsiasi cielo del mondo.

Tre giorni pieni sono sufficienti per San Francisco, si ritorna a Los Angeles. La sistemazione stavolta è ad Hollywood, a due passi veri da Sunset Boulevard, l’albergo è sempre in stile film horror, ma è più grande. Giusto specificare che comunque i due alberghi di Los Angeles erano assolutamente confortevoli come sistemazione e neanche troppo costosi, tutt’altro, come del resto molte altre cose negli Stati Uniti, vestiario in primis. Decido di approcciarmi alla città in modo differente dopo l’esperienza di San Francisco, cercando di godermi Los Angeles per quello che è, e non per quello che non potrà mai darmi. Così cerchiamo di goderci il sole, i negozi e di andare nei posti che hanno reso mitica la città. Iniziamo con un giro su Rodeo Drive, mitica via dei negozi più in, molti italiani, tutti inaccessibili per prezzi ed una sensazione di artificiosità nel camminarci: all’inizio della via troviamo l’albergo dove è ambientato Pretty Woman, alla fine nasce Beverly Hills.
Non si può non andare, anche più di una volta, a Sunset Boulevard: oggi è piena di locali, uno dei pochi posti vivi anche di notte in mezzo alla settimana, ma se torniamo indietro, inizio della strada, possiamo ritrovare il verde e le villette che possono riportarci indietro nel tempo all’epoca di Billy Wilder e Gloria Swanson nell’omonimo capolavoro, che ha messo questa strada sulla mappa di tutto il mondo.
Continuando a ritroso si sale per Mulholland Drive, e si percorre la strada nel punto dove David Lynch inscena l’incidente d’auto che dà il via al suo gioiello cinematografico. Da qui si possono vedere le megaville delle celebrità di Hollywood, enormi ed isolate l’una dall’altra. Mi chiedo quanto possa essere stimolante vivere così lontano dal resto del mondo.
Tra un “set” cinematografico e l’altro, è d’obbligo la tappa alla principale università di Los Angeles: UCLA. È impietoso fare il raffronto tra il campus del college situato a Westwood e ciò che troviamo qui in Italia, praticamente una cittadina a parte, con propri mezzi di trasporto e una piacevolissima architettura alternata a molto verde. In molti si chiedono come riescano gli studenti locali a concentrarsi sui libri con tutto questo ben di dio, la risposta è nella retta: 220mila dollari all’anno.
Proprio lì vicino c’è Hollywood, con la sua Hollywood Boulevard, dove potete camminare sulle 31-_LA__hollywood_boulevard_walf_of_famestelle delle celebrità quasi tutte del cinema, nella mitica Walk Of Fame. È su questa strada che potete trovare il Chinese Theatre, con le orme di mani e piedi dei più grandi attori della storia, e il Kodak Theatre, sede della cerimonia di consegna degli Oscar.
Lasciatevi dare un consiglio: se avete la fortuna di capitare da quelle parti, non fatevi scappare una visita all’osservatorio di Griffith Park. Per arrivarci si sale passando per Sunset Boulevard, mentre si sale si può vedere la flora californiana (che poi è esattamente la nostra) al massimo del proprio splendore, con alberi ultracentenari molto suggestivi. Molto suggestivo è, sulla strada, anche passare sotto il ponte di Ritorno al Futuro, quello dove Marty prova a recuperare l’almanacco dei record dall’automobile di Biff. Una volta arrivati all’osservatorio resterete a bocca aperta: la struttura è di per sé molto bella, ma ciò che si può vedere da qui è stupefacente. Los Angeles è tutta sotto di voi, potete osservarla in tutta la sua ampiezza e anche nei dettagli con gli obiettivi a disposizione dell’osservatorio, la collina di Hollywood è poco distante e il cielo sembra essere vicinissimo, così come le suggestive montagne californiane. Un luogo assolutamente suggestivo, dove troverete anche un piccolo monumento in ricordo di James Dean: è qui infatti che, nel 1956, venne girato Gioventù Bruciata, dove le gare automobilistiche finivano sull’orlo della città.
È così, tra un riferimento cinematografico e l’altro, tra una partita dei Lakers e una giornata al mare e nei centri commerciali, che dovete apprezzare Los Angeles. Una città molto diversa da come siamo abituati a vederle qui in Europa, ma non per questo meno suggestiva o interessante delle nostre. Insomma, se ne avrete mai la possibilità, un “salto” fatecelo, sono solo 13 ore di volo! Pronti per il ritorno, preparatevi però: una volta in Italia ritornare al fuso orario sarà molto più complicato di quanto non sia stato abituarsi all’andata. Approfittatene per ripensare al vostro viaggio, anche se avrete molto sonno, vi accorgerete che la California non è stato solo un sogno come nella canzone dei The Mamas &The Papas.

Alan Di Forte

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