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Damo Suzuki’s Network

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[MUSICA]

damo_suzukiROMA- Damo si attanaglia al microfono, si contorce e oscilla dietro l’asta con gli occhi sempre serrati. Movimenti e voce sono gli stessi di quando era nei Can. Li riapre sì, solo quando a fine pezzo ringrazia tutti, con un applauso al pubblico e al suo frammento di “connessione” con il mondo per il 2011: Manuel Agnelli, Xabier Iriondo, Enrico Gabrielli e Cristiano Calcagnile.

Il Never Ending Tour di Damo Suzuki, quello che da anni lo rende un vagabondo da palco in giro per il mondo, ha toccato anche Roma il 20 gennaio scorso, al Circolo degli Artisti. Di portatori di suono – sound carriers, come li definisce lui – ne ha tanti sparsi per il globo ed è proprio grazie alle 1contaminazioni che si creano in questi non-luoghi di “composizione istantanea” che potrebbe continuare all’infinito. Iniziata nella seconda metà degli anni Novanta, questa immensa tournèe oltre a confermare il suo essere un animale da palco, lo fa diventare anche un alchimista combinatore di suoni e personalità. E questo a volte finisce per dare delle soddisfazioni. Come quella di vedere Manuel Agnelli lì, in un angolo del palco, a giocare con tastiere e synth, con lo sguardo fisso negli occhi dell’ex compagno di note, Iriondo.
Quello che c’è sul palco, nel frattempo, è puro spettacolo. Non solo per Damo Suzuki, che tra sfumature orientali, di un cristallino jazz vocale, e sterzate più profondamente rock rende superficiale ogni sorta di freno. Lui, in quelle sue foghe di inarrestabilità può risultare anche un po’ stancante.

Lo spettacolo è soprattutto Xabier Iriondo e i suoi giochi, disparati quanto magnificamente efficaci. La sua arma migliore sono le 10 corde del mahai metak, un non-strumento un po’ legno un po’ metallo e circuiti elettrici, e che si nutre, secondo 3Iriondo, della fantasia di chi suona. Ma non la mette certo solo lì la fantasia lui: suona oggetti, utensili (biglie di vetro, spugnette…), una chitarra in ogni posizione possibile, dai suoni inverosimili e una miriade di effetti. Più dietro i piatti della batteria di Calcagnile, non da meno, hanno una strana relazione con le corde di un archetto.
Avanguardia e sperimentazione, dunque, non sono mancate. Un concerto che ha destato non poche perplessità e piaceri non assaporabili spesso o facilmente. Impossibile da gustare senza superare le criticità (che sembrino pezzi ben strutturati ma passati per “composizioni istantanee” non ci cambia la vita), senza darsi una prospettiva più ingenua (non quella che ti fa osservare con una certa goduria masochista Manuel Agnelli defilato in un angolo scuro del palco) e senza la voglia di godersi un sano free rock.
Serviamo un menù giornaliero per un pubblico dalla mentalità aperta a cui piaccia viaggiare con la testa”, aveva dichiarato Suzuki. Appena scende dal palco va a salutare e scambiare qualche chiacchiera con chiunque si trovi davanti. Aveva ragione…

Emiliana Pistillo

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