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Patrizio Maria: “e dai”!

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[MUSICA]

20101113-DSC_1455_copyROMA- L’Asino che vola, venerdì 12 novembre: il locale è piccolo, la gente mormora. Alle 22 ancora non c’è molto movimento e me ne sto seduta sul divanetto ad aspettare Patrizio Maria, voce e chitarra rigorosamente elettrica, in versione trio con Stefano Corrias alla batteria e Danilo Bigioni ad un mirabile basso.

Alle 23 circa finalmente, comincia il concerto ed è subito magia. Il sonno si trasforma in musica viva e sembra di cadere in un tempo senza tempo, dove c’è solo il suono folle e incandescente della chitarra. Energia, ritmo e melodie si fondono in un unicum spazio- temporale dove non c’è posto neanche per i fastidiosi faretti che ti si ficcano negli occhi.
E’ bastato un momento, la saletta si è riempita di gente, quasi non ci si sta più dentro, e tra falsetti alla Negramaro, ma in un rock un po’ indie un po’ anni ’80, e l’atonia vocale del compianto Ivan Graziani, Patrizio Maria sostiene un concerto degno di tal nome.
Dal suo primo lavoro, India londinese, prodotto da Caramella Blues (2009) escono fuori le tracce di questo concerto in cui la chitarra è come se parlasse, così elettricamente protagonista della scena.
Patrizio spinge sui toni vocali più alti, a volta stirati, ma sostiene l’andamento musicale senza sforzo alcuno. Il suo rock si trasforma e si spinge spostandosi in linee melodiche a volte insospettabili, naturale conseguenza di un’inclinazione ritmica evoluta.
Sempre vince il sorriso e la simpatia e quel mondo colorato di cui Patrizio con le sue 383 paia di All Stars si fa portavoce: 6 corde che diventano colore puro ed energia senza confini. Le distorsioni sonore del disco (di cui avremo modo di parlare presto) sono quasi assenti nel live, ma non se ne sente la mancanza, il sound che ci avvolge è pieno, ricco, le sensazioni che tornano indietro inclinano al movimento e ad un sorriso partecipato, mentre la spinta sonora avanza nel progredire del concerto, si inerpica tra rock, blues, un po’ country un po’ acida, e accompagna l’ascoltatore in un viaggio che, come nel disco va da Londra ad un India nostrana, ma fa tappa fissa nella città eterna.

La set list inizia con “India Londinese”, che dà il titolo al disco, si ferma sui vocalizzi spinti de “Le 20101113-DSC_1461_copyossa del maiale” e quella “MaryLou” che ricorda sonorità d’altri tempi.
Una cover nel mezzo tanto per uno stop dovuto e doveroso per tornare al rock inglese delle origini, John Lennon con la sua “Love”.
Il ritmo comodo e liscio de “La scarpa” mette l’accento sul senso del concerto, e si libera nel ritmo sfrenato e irresistibile di “Sociopatica” e di “Killer”, con la partecipazione attiva del pubblico, che viene invitato a battere il ritmo, a ballare, ma soprattutto ad accompagnare il canto libero e spinto dallo stesso Patrizio. Si finisce con l’attesa “Io c’ho l’ansia” e con il richiesto bis di “Sociopatica”.
E così mentre tra Londra, Roma e Orvieto, Patrizio Maria prepara il suo nuovo disco, che vedrà la luce con il nuovo anno, nel frattempo lascia un’impronta indelebile di sé in questa Roma di mezzo autunno. E’ un’impronta quasi cinematografica quella che lasciano i suoi passi con ai piedi le immancabili All Stars, nel bel mezzo di una musica che vive di sé, ma senza etichettatura facile: l’India Londinese di Patrizio Maria è un “luogo colorato, caldo, speziato, pieno di vetrine e di scarpe, di occhiali, di chitarre e sorrisi, pieno di schiume da barba alla mandorla” e lui è il navigatore esperto che l’ha scoperta. A noi non resta che ascoltare.

Edyth Cristofaro
Foto di Federico Ugolini

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