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Pink Freud_ Monster Of Jazz

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pinkfreudCD MUSICA- Per l’ennesima volta leggerete di un gruppo che unisce il nuovo al tradizionale. Ma dopo aver ascoltato i Pink Freud non lo intenderete più come classica frase buttata lì un po’ da tutti i critici. Parliamo di un jazz con gli effetti speciali, con un’ispirazione che arriva da quasi tutti i generi di musica e che dal 2000 comincia ad essere fissata su lavori discografici.

Nella vera improvvisazione dei quattro musicisti polacchi non c’è solo stile e virtuosismo, c’è divertimento. E sperimentazione, prima di tutto.
I Pink Freud sono attivi dal 1999, di Danzica, e nell’aprile 2010 arrivano all’ultima delle 6 creazioni musicali, Monster of Jazz. L’aria si è fatta più internazionale, a partire dai titoli delle tracce, per la prima volta tutti in inglese. Ascoltarlo vuol dire lasciare i canoni comuni, prendere Bitches Brew di Miles Davis e portarlo all’estremo, cucire fusion al jungle ellingtoniano di base e acidità jazz di superficie.
Folli e imprevedibili nei live – in cui il sassofonista riesce a cambiare anche più di due strumenti a pezzo –  non nascondono certo distorsioni e campionature. Ecco che allora sul palco si palesano due computer (ai comandi trombettiere e sassofonista) non occultati come sono di solito, ma in prima fila. Improvvisare, oggi, è anche quello.

Così come nell’cd, la follia rimane di casa, e Monster of Jazz comincia dalla frutta. E quindi l’opener è “Pink Fruits”: frizzante, effervescente, dalla trama jungle e presa alle spalle da un’elettronica drum‘n’bass che rende praticamente inimmaginabile una prospettiva oltre la traccia.
Segue “Warsaw” – la migliore – jazz tribale, lineare, malinconico. Sferza di grinta per tornare ancora nostalgica, come ad intendere proprio la mutevolezza e le diverse anime legate alla città.
Nel frattempo le tracce si fanno sussurri impercettibili (“Little Monster”) e contorti (“Red Eyes, Blue Sea and Sand”), dominate da una dolcezza disturbata che può generare riflessioni facili ma nervose (“Braton”, “Diamond Way”).
“Polanski” non poteva che avere un mood che va quasi a sfiorare l’hitchcockiano, misteriosa e inquietante. Fa da preludio a “Bald Inquisitor”, un’altra traccia da podio, piena, con intramezzi psicotici, completa. Dalla trama decisa e incattivita da synth e campionature. Le altre tracce hanno un ritmo serrato, come irrefrenabili, che sfiorano elettro-funk (“Pierun”) per atterrare su piste più psichedeliche.
E come non menzionare, poi, gli oltre 7 minuti di nervoso jazz dalla base trip hop di “Goz Quarter”.
Prima di concludere tentano anche la presunzione e lo sfarzo di poter diffondere il suono del vuoto (“Spreading the Sound of Emptiness”) organizzando un alchimia di suoni così diversi tra loro da creare davvero una sorta di vuoto diffuso. Appunto. A concludere effettivamente è la title track, una sorta di marcia solenne, l’unica che forse annoia, in cui non si risparmiano l’ultima dose di pazzia (o genialità?), comprese urla e 4 secondi di riff punk.
Erano passati solo sei mesi dall’uscita del album precedente (Punk Freud, ottobre 2009) ma c’era un mostro in agguato, Monster of Jazz, di un jazz furibondo, come se fosse stato imbrigliato per anni, che sembra sbranare tutti quelli che trova sulla strada. Tutti i generi musicali, ovviamente…

I Pink Freud sono:
Wojtek Mazolewski – basso
Tomek Duda – sax
Adam Milwiw-Baron – tromba
Jerzy Rogiewicz – batteria

TRACKLIST:
1. Pink Fruits              
2. Warsaw
3. Little Monster                      
4. Polanski                 
5. Bald Inquisitor                     
6. Red Eyes, Blue Sea and Sand                     
7. Pierun                     
8. Goz Quarter            
9. Braxton                   
10. Diamond Way                   
11. Spreading the Sound of Emptiness             
12. Monster of Jazz

Emiliana Pistillo

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