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M. Caporale, Una lucertola nel fiato

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thumbsLIBRO- La cannula che permette a Chiara di respirare è come una lucertola nel fiato. La protagonista del romanzo di Mariella Caporale è una ragazza di appena vent’anni, al centro della storia e contemporaneamente fuori da essa, perché in coma dentro un letto di ospedale vittima della fretta, di un motorino e un semaforo rosso.

L’azione è un’attesa immobile e straziante dei genitori,del fidanzato, dell’amica del cuore, dei compagni di università. Siamo trascinati nella tragedia che la non-vita proietta all’improvviso in una famiglia come tante, costretta a fare i conti con un tema che sembra appartenere alla cronaca dei telegiornali finché non ci piomba dentro casa: l’interruzione della vita per chi vive nel limbo di un coma irreversibile.
I personaggi reagiscono in modi diversi, tutti accomunati sostanzialmente dalla solitudine che con la sofferenza li ha catturati: la madre si chiude in un silenzio laconico; il padre si rifugia impaurito in uno squallido tradimento e la sorella lascia la casa perché la vita deve continuare, mentre l’amica finisce col fermare la propria. Il fidanzato oscilla tra la rassegnazione e l’amore.
Intorno a questo nucleo si delinea il microcosmo dell’ospedale, un mondo che non conosciamo se non da pazienti e che l’autrice, insegnante di scienze bio-etiche, ci presenta con uno sguardo da abitante interno. Medici e infermieri fanno eco al dolore de familiari con il loro naturale, inevitabile e necessario distacco, mentre consumano pranzi veloci e pause caffè tra fiale, disinfettanti e tragedie quotidiane. Il loro cessa di essere un comportamento incomprensibile, e diventa un sofferto e condiviso scendere a compromessi con la morte, che sono chiamati a vivere attraverso la sorte di poveri sconosciuti.

Le ragioni a favore e contrarie all’interruzione delle cure terapeutiche vengono elencate puntualmente dal punto di vista dei coinvolti, rendendo tremendamente chiare tutte le posizioni. La voce dell’autore è estremamente mimetica, così che l’ago della bilancia non pende mai da nessuna parte. Proprio questo stile è la particolarità e il punto di forza del romanzo: la scrittura è asciutta e asettica, soprattutto nelle scene dell’ospedale in cui cannule, corridoi e apparecchi medici scintillano di una luce fredda. Ricorrente è il ricorso ad immagini grottesche e surreali per descrivere lo stato della ragazza su cui le macchine, i tubicini e il respiratore sembrano accanirsi. Rettili, pesci, branchie di anfibio: tutto questo richiamano quelle che dovrebbero essere macchine dispensatrici di vita.
Le frasi sono brevi, interrotte da una punteggiatura pesante a cui il lettore fa fatica ad abituarsi, specie nei capitoli iniziali. Le scene si susseguono prive di notazioni temporali, il passaggio del tempo si coglie da particolari sussurrati qua e là nei dialoghi o nei discorsi silenziosi dei protagonisti. Ma l’incedere lento dei giorni si annida nelle azioni svuotate di senso che si trascinano cercando di scampare all’abisso.
Il finale è inaspettato e ben trovato, perchè in esso si riassume il limbo biologico della ragazza, quello decisionale della famiglia e quello temporale in cui il lettore cade dalla prima pagina.
Il romanzo attiva il meccanismo stesso della tragedia classica, che permette attraverso la rappresentazione di soffrire e riflettere insieme. E su un tema come quello della necessità dell’eutanasia è urgente ora più che mai riflettere davvero.

Mariella Caporale, Una lucertola nel fiato, Donzelli Editore, pag. 192, € 16

Francesca Paolini

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