Circolo degli Artisti: Vinegar Socks, Rosalia De Souza, Quintorigo
L’Italia ama il Brasile: Rosalia De Souza
L’Italia ama il Brasile. Per quanto sia inspiegabile, è altrettanto certo. Sarà per quell’identità così ricca eppure così definita di un Paese grande quanto un continente, dai tropici giù a Sud per migliaia di chilometri: un posto che chiamano “casa” europei immigrati, africani importati, indigeni invasi.
In questi casi si parla di ricchezza e noi dovremmo percepirne le differenze. E invece il futebol e la musica, le più valenti ambascerie brasiliane e insieme i più pregiati prodotti da esportazione sembrano a noi che li osserviamo e li invidiamo il frutto di un ingegno solo.
L’Italia ama il Brasile. Dopo la nostra Nazionale, tutti seguiamo la squadra Carioca. E anche chi, distratto, non ascolta che l’autoradio nel traffico al mattino, si perde per un po’ nella musica che negli anni da lì ci è arrivata. Rosalia De Souza ama l’Italia – ci si è trasferita da molti anni – e l’Italia ama Rosalia.
Io l’ho vista in concerto molte volte negli anni e in molte città diverse. Dovunque club strapieni, pubblico appassionato e, al termine, felice.
C’è una caratteristica della musica popolare brasiliana che non credo appartenga a nessuna altra tradizione in altre parti del mondo: tutti suonano e cantano le canzoni scritte da tutti. È un movimento, un flusso: Vinicius de Moraes scrive, Joao Gilberto compone, Caetano Veloso canta. Ma anche, Gilberto Gil compone, Tom Jobim suona; o Toquinho suona, Bebel Gilberto scrive, Maria Bethania canta. Nasce un’idea musicale, diventa un movimento culturale – al limite anche rivoluzionario, in anni più tristi di quelli attuali – si trasforma in un club decennale in cui si entra per talento, per nascita (molti sono fratelli o figli di altri) e poi si tramanda per eredità. Con animo identico e forme diverse.
Rosalia è la nipotina dei totem degli anni ’50 e ’60. Un’ambasciatrice (Caetano direbbe “un apostolo”) della musica della sua terra. Eppure, nel 2010, ricantare la bossa nova, il samba di cinquant’anni fa sarebbe altro che non avanspettacolo poco migliore del piano bar?
Dieci anni fa, il movimento brasiliano trova nuove forme: la musica elettronica, per esempio. Meravigliose Fernanda Porto o Cibelle, tanto per dirne due. Rosalia fa di più. Nella vita, determinanti sono gli incontri. E se la musica coincide con la vita? Rosalia incontra Nicola Conte. Al patrimonio brasiliano si sommiamo il jazz all’europea. Fatto? Ora volgetelo all’elettronica. Sono stati gli anni del club La Palma: per molti, un santuario.
Ma i movimenti, per definizione, non vivono dell’immobilità. E allora ancora avanti, e anni dopo, Rosalia è ancora nuova e ancora la stessa.
Canzoni in italiano, una formazione jazz ricca e mutevole: sempre di flusso si tratta, no? Impensabile immaginare quattro musicisti lì sul palco.
Rosalia è la Yemanjà della sua band: tutti rispondono, spontanei, al suo volere. E noi lì a guardare e ad ascoltare…
Ah, dovevo parlarvi del concerto all’intimo Circolo degli Artisti. Molto bello…
Francesco Di Cola
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