Circolo degli Artisti: Vinegar Socks, Rosalia De Souza, Quintorigo
VinegarSocks: non sempre il cambiamento è innovazione
Le aspettative erano tante e i VinegarSocks sono sempre riusciti nell’intento di trascinare chi li ascolta verso immagini che scaturiscono emozioni. La data di prova del 15 gennaio al Circolo degli Artisti ha rivelato però le debolezze della band di Jordan De Maio e Paolo Petrocelli.
Succede spesso di legarsi alla musica di un gruppo emergente perché scopri in loro un’originalità rara, frutto di studio, ricerca e metodo. Se nei primi mesi di attività possedevano un’espressività semplice e accattivante, oggi, dopo la rinnovata line up, l’anima seducente e coinvolgente si è persa nella ricerca della perfezione. In origine erano un quartetto di soli strumenti a corda in cui l’accompagnamento del mandolino soffuso di Patrizio Petrucci caricava di emotività e dolcezza la composizione musicale. Adesso la band ha stravolto la formazione aggiungendo percussioni e sampler a discapito del prima citato mandolino.
Hanno intrapreso la strada della musica per il cinema collaborando alla colonna sonora di Dieci Inverni, nella cui ost figurano alcuni brani di Vinicio Capossela, e l’apprezzamento della critica è cresciuto a dismisura.
Ma durante tutto il live faticano a entrare in sintonia tra loro. Troppi momenti morti, poco patos e una insicurezza forse frutto della poca complicità.
Le romantiche e sognanti “Salesman In Love” e ”ChimneySweeper”, tratte dal loro primo riuscitissimo album omonimo, sembrano perdersi nel vortice del caos generato probabilmente da non pochi problemi tecnici.
Il violino di Paolo Petrocelli è come sempre perfetto ed efficace, pulito, dolce e trascinante, mentre Jordan De Maio prova, con molte difficoltà, a entrare in empatia con un pubblico un po’ scarico e più coinvolto da conversazioni personali.
I VinegarSocks sono un gruppo che ha del potenziale invidiabile, ma la precedente scelta stilistica era sicuramente più in sintonia con la particolarità dei brani e, a volte, decidere di tornare alle origini non significa per forza fare dei passi indietro, ma potrebbe apportare alla rinnovata collaborazione una maggiore ricchezza e consapevolezza.
Ascoltando il loro album d’esordio ci si ritrova all’interno di un mondo fantastico fatto di immagini e percezioni emotive rassicuranti, delle musiche senza tempo che creano un’atmosfera misteriosa e dei testi carichi di significato.
Calda, avvolgente e trasognante la loro musica non è semplice emozione, è un mondo fatto di suoni associati a immagini e di testi che riescono a raccontare qualcosa di profondo.
Sentiremo ancora parlare di loro e per molto tempo, una bravura così innata non si disperde in una scelta “sbagliata” o in un live non perfettamente riuscito. Noi attendiamo speranzosi…
Paola D’Angelo
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