Più Libri Più Liberi: l’editoria in cifre tra riflessioni e speranze
La legge sul libro
Se agli incontri precedenti hanno assistito tutto sommato poche prsone, quello che aveva come tema la proposta di legge sul libro è stato fortemente sentito. Editori e librai hanno riempito la sala discutendo con calore circa l’attuale proposta e, soprattutto, circa le sue troppe e sospette mancanze. La legge riguarda in particolare il prezzo, fisso o meno, la possibilità per i venditori di effettuare sconti, la relativa entità e i periodi di promozione. Mancando fino ad ora una qualsiasi regolamentazione in materia, il mercato è stato invaso dalla grande distribuzione (supermercati e megastore) che puntando sulla quantità e sui best-seller di sicura vendita escludono a priori dai propri scaffali i titoli di piccole e medie case editrici, che solitamente puntano sull’innovazione. Lo scenario è quindi favorevole ai romanzi-mattone dei grandi gruppi editoriali scritti secondo i dettami del marketing e delle prospettve di vendita, piuttosto che sulla scommessa innovativa e in generale sulla promozione culturale. All’interno di questo discorso si colloca il tema degli sconti: una grande distribuzione (e un grande editore) può permettersi di scontare i prezzi fino al 40% – purchè si venda-, un lusso che il piccolo non può concedersi se non decidendo di liquidare l’attività e chiudere definitivamente bottega. Come se non bastasse, le vendite promozionali sono un territorio selvaggio e arrivano in molti casi a coprire i dodici mesi dell’anno, con le stesse conseguenze del discorso precedente.
La proposta di legge Levi in fase di approvazione prevede un tetto massimo di sconto del 15% e limitazioni alle campagne promozionali nel solo mese di Dicembre. Il testo vede dalla sua parte sia l’AIE –gli editori- sia i librai rappresentati dall’ALI, ma al loro interno sussistono spaccature non indifferenti tra grandi editori e catene di librerie versus piccoli editori e piccoli librai. Le ragioni del sì considerano positivamente la limitazione delle svendite che colpiscono lo strapotere delle grandi distribuzioni e Internet, quest’ultimo letteralmente odiato dai librai. La delegazione presente di alcuni signifiativi editori indipenenti (Nottetempo, Instar Libri, MarcosyMarcos, Minimum fax, Voland) si attesta invece sul fronte del no: denunciano una proposta di legge concepita senza il loro parere in modo arrogante, o questo o niente, che difende gli interessi dei più forti e che non garantisce sanzioni a chi viola le regole. Sopra ogni cosa, però, sottolineano che, a differenza di altri paesi europei, nel testo non è fatta menzione alcuna del libro come prodotto culturale profondamente diverso da qualsiasi altro bene di consumo. La legge non difenderebbe, insomma, il valore della cultura come patrimonio civile, ma ancora una volta il mercato del libro e i suoi attori più potenti, ricordando inevitabilmente il vantaggio del più grande gruppo editoriale italiano e del suo proprietario. Ogni riferimento a persone e cose non è puramente casuale: parliamo della Mondadori.
Registriamo ancora una volta divisioni e problemi di rappresentanza, che certo non aiuteranno il cammino di questa o di qualsiasi altra legge che possa schierarsi efficacemente dalla parte della cultura.
Francesca Paolini
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