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Capitalism: A Love Story, regia di M. Moore

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capitalism1CINEMA- Presentato nel trailer italiano come il “regista più irriverente del mondo”, Michael Moore torna dopo  il clamore di Fahrenheit 9/11 e Bowling a Columbine, con un nuovo documentario dedicato agli effetti disastrosi prodotti dal dominio delle grandi aziende sulla vita quotidiana degli abitanti degli Stati Uniti e del mondo intero.

Un tema, questo, al centro di altre opere del regista, ma che in quest’occasione non si limita a prendere di mira una multinazionale o alcuni soggetti in particolare, ma mette alla berlina l’intero capitalism2sistema. L’occidente e il suo innamoramento per il Capitalismo, la cecità per le conseguenze di un amore “non corrisposto” sono solo alcuni dei temi affrontati dalla pellicola che, con l’ironia e il cinismo di Moore a cui c’ha abituato, svela dal “vaso di pandora” le vere ragioni della crisi economica, dell’avvento dei “nuovi poveri” e i migliaia di posti di lavoro che giorno per giorno svaniscono nel nulla.
L’intreccio di storie ed eventi che si susseguono è incalzante come mai e ha la forza di connettere insieme, in un’abile regia argomentativa, un vero e proprio manifesto dell’anticapitalismo.
Sono molte le testimonianze raccolte che lasciano lo spettatore con un retrogusto amaro, davanti a verità nascoste e dilemmi che, in ragione della crisi generale, sembrano toccare un po’ tutti. Con Moore, così, il documentarismo torna nelle sale cinematografiche, ricordandoci ancora una volta come il cinema possa essere ancora oggi non solo disimpegno, ma un vettore di riflessione davvero impareggiabile.
La visione certo non è delle più “leggere”, ma potrebbero essere, chissà, i 120 minuti meglio impiegati della vostra giornata…

Angelo Passero

Angelo Passero, Capitalism: a love story, cinema, martelive, martemagazine, Michael Moore, Recensioni

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