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Assalto al cielo

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[ARTI VISIVE]

arts_04_mostre_dBARI- Una volta Picasso scrisse:” Ho passato tutta la vita a cercare di dipingere come un bambino di cinque anni“. E’ inutile negare che il risultato fu encomiabile! Forse è per lo stesso motivo che le opere di Michele Carone colpiscono immediatamente, proprio per quello stile così apparentemente infantile, per quei colori così immediati, per quella composizione simile alle illustrazioni di un simpatico libro per bambini.


Tuttavia, dietro una disarmante semplicità compositiva si apre una poetica dell’immagine intensa.
Infatti, quando si entra nella Sala Murat, culla del patrimonio artistico barese, nel cuore della città vecchia, si è letteralmente fagocitati da un’immensa installazione a parete, lunga otto metri e alta sei, che ha dato il titolo alla mostra di Carone: Assalto al cielo.
L’opera rappresenta sette scale di legno, di diversa misura, dipinte di color Magenta, appoggiate contro un’immensa parete, dov’è dipinto un cielo azzurro-blu, per dargli l’impossibile assalto.
Ecco lì, maestosa, invadente, prepotente tutta la poetica del giovane artista,  fatta di contraddizioni e contrasti: in questo caso, tra l’atto di forza dell’azione violenta e rivoluzionaria dell’assalto e la tenerezza poetica e onirica del sogno e del desiderio impossibile di conquistare il cielo.

Nei lavori di  Michele Carone ritroviamo spesso la voglia di “giocare”, sì, perché come scrive il critico d’arte Antonella Colaninno :”Il gioco rappresenta l’espressione più vera che meglio si identifica con l’idea di arte e creatività. L’artista ha bisogno di conservare l’anima di un bambino per mantenere vive le sue risorse e continuare a sognare“.
Nei lavori di Carone l’idea incontra nuove forme di  oggettività, ricrea l’immagine conservando i contenuti. La circolarità e la contaminazione, che sono alla base delle Avanguardie del Novecento, trovano ora un’espressione nuova, tra l’ironico e il dissacrante.

Nei cicli Rispecchiamenti e Miti Mutanti nascono personaggi ibridi che uniscono modelli culturali del passato a icone dei fumetti e dei cartoons; personaggi cult del mondo televisivo e icone della cultura religiosa e popolare si inseriscono tra le architetture dell’abbazia di San Vito a Polignano. Il David di Michelangelo si unisce a Superman, la Pantera Rosa al Bronzo di Riace, Biancaneve alla Venere di Milo: geniale!

Ma Carone si spingerà oltre…dedicherà un’intera serie dei suoi lavori proprio alla Pantera rev749732-oriRosa. L’artista propone con ironia il manifesto di un nuovo partito politico, il P.P.R.I (Partito dei Pittori Romantici Ironici) che, come egli stesso ci spiega:” …si propone come obiettivo politico-militare di fare innamorare e baciare sotto la luna e le stelle due carri armati affinché si scordino la funzione per cui sono stati costruiti da uomini certamente poco romantici e poco ironici. Prima che cali il buio una romantica Pantera Rosa dipinge i due carri armati in rosa e azzurro che, nell’incanto della notte, si innamoreranno sotto un cielo stellato, baciandosi e accoppiandosi al chiarore delle stelle“.

Tutto questo mi rimanda immediatamente all’arte “banale e celebrativa” dell’oltraggioso e attualmente uno degli artisti più ricchi del mondo, Jeff Koons. Con la sua serie Banality, nel 1988 segnerà una svolta nel panorama artistico mondiale. Koons è convinto che i riferimenti estetici e popolari possiedano un potenziale artistico e, inoltre, il concetto di arte è talmente aperto e flessibile da poter essere manipolato o trasformato secondo le intenzioni dell’artista. Dunque, si appropria delle convenzioni estetiche, sociali e culturali della classe media proponendo un concetto popolare di bellezza come arte…ed ecco che riappare la tanto amata Pink Panther (1988),  maliziosamente abbracciata ad una sexy e suadente bionda, suggellando così un’ironica alleanza, metafora del potere del messaggio mediatico.

Denny Pellegrino

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