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Weekend a Boneville

diegociorra
[STREAP- TEASE: FUMETTI MESSI A NUDO]

diegociorraCome ogni venerdì pomeriggio aspetto la visita del mio pusher, sfregandomi le mani, in un misto d’ansia ed impazienza…
Questa volta, da quello che mi ha detto telefonicamente, la partita dovrebbe essere particolarmente sostanziosa, speriamo di avere in casa un posto adatto dove custodirla tutta. Quando finalmente arriva, dopo pochissimi convenevoli, passiamo subito al motivo d’interesse dell’incontro, dopotutto gli affari non possono attendere in queste cose, si sa.

Uno dopo l’altro estrae dallo zaino decine e decine di albi, via via più spessi e corposi e mentre Bone_Vol_1mi passa l’ultimo volume mi fa: “E’ roba forte, questa!”. Io lo guardo intimorito e balbetto un “E’ completo?”. “Fino all’ultimo balloon”, mi dice. Poi prende la merce di scambio, richiude lo zaino e come era arrivato, in motorino, se ne va.
Mentre lo osservo allontanarsi, lancio un’occhiata al titolo del fumetto che ho ancora tre le mani, Bone, e tiro un sospiro di sollievo. Non potete immaginare che bella notizia sia sapere di avere a disposizione una serie a fumetti completa e non una di quelle raccolte che vi tradiscono sul più bello, pugnalandovi con uno di quei “continua nel prossimo numero” foriero di lunghe e vane attese.
Noi dipendenti dal fum(ett)o siamo fattì così: non potete assuefarci ad un personaggio e alle sue avventure, spingendoci nel tunnel con quantità massicce di giornalini e poi man mano diminuire la dose, diradandole sempre di più mentre la nostra voglia di leggere cresce, fino a quando l’astinenza diventa definitiva, perché la pubblicazione della serie è in ritardo o l’autore ha deciso di non completarla più per dedicarsi a nuovi progetti. Mi era capitato con Guyver di Yoshiki Takaya e mi ero ripromesso di non ricaderci mai più; questa volta però nessun rischio, la serie è completa e il trip finirà solo quando leggerò la parola “fine”.

bone_jeff_smithL’uso della parola trip, o viaggio se preferite, non è casuale, perché Bone è in effetti un lungo, divertente viaggio in compagnia dei tre particolari esserini antropomorfi, paffuti e nasuti, simili al saltellante Chobin dei cartoni animati, o a dei Puffi bianchi, se preferite. Al di là dell’aspetto grafico, è curioso notare come l’autore Jeff Smith si sia in realtà ispirato a tre personaggi fondamentali dell’universo Disney: il protagonista Fone Bone, sensibile ed altruista, ricalca il Topolino delle origini, prima che cedesse a Paperino il ruolo di eroe simpatico e pasticcione per assumere quello di infallibile investigatopo; i suoi compagni d’avventura, nonché cugini e concittadini sono Smiley Bone, che richiama nell’altezza, ma anche nella svaghezza mentale Pippo, e Phoney Bone, cinico ed affarista quanto Zio Paperone.
All’inizio del racconto assistiamo proprio all’esilio del variegato terzetto dal villaggio di Boneville, da cui sono stati cacciati per l’ennesima truffa ordita da Phoney. Perdutisi nel deserto, i tre approdano infine in una vallata ignota, venendo coinvolti nella lotta tra gli abitanti del luogo e i terribili Rattodonti, creature mostruose che cercano di conquistare la regione. In breve tempo il cast del fumetto si arricchisce di nuove e carismatiche figure, dalla giovane Thorn e sua nonna Ben (una specie di Nonna Abelarda, ricordate?) fino ai misteriosissimi cattivi, l’Incappucciato ed Il signore delle Locuste. Ognuno di loro nasconde lontani segreti ed è molto più di quel che appare, e Smith è bravo nel cucire le singole trame tra di loro e dosare le rivelazioni con una narrazione che non perde mai il giusto ritmo, ed anzi si dispiega in un crescendo rossiniano, dalle prime, esilaranti storie fino all’epico finale.

Dopotutto si farebbe un torto all’autore e ai suoi personaggi se si classificasse l’opera bone1semplicemente come un fumetto comico piuttosto che d’avventura. Bone è questo e quello, è contemporaneamente figlio di grandi classici della letteratura come Il signore degli anelli, da cui asporta l’insegnamento che anche l’uomo più comune può diventare straordinario con il suo coraggio, e di letture più scanzonate che rendono irresistibili macchiette anche i nemici più paurosi. La leggerezza che anima ogni tavola, anche nei momenti più vibranti ed intensi del racconto, leggerezza a cui contribuisce anche il tratto limpido ma espressivo di Smith, riesce a donare quella particolare linfa che lo rende speciale, in mezzo a tanta produzione di genere, e che lo ha trasformato in un piccolo grande successo indie.
In Italia  le peripezie di Fone Bone ed amici sono state ancora più movimentate per colpa di una pubblicazione a singhiozzo, prima in esili albetti editi da Macchia Nera, poi proseguita per un solo volume a cura di Lexy Production, ed infine recuperato e portato a compimento dalla Panini Comics, che poi si è  occupata con estrema lentezza anche della ristampa a colori dell’intera opera.
Fortunatamente tutti e 55 gli episodi originali hanno visto la luce, permettendo a tanti drogati di buon fumetto come me di incamminarsi zaino in spalla dietro ai Bone, sfuggendo ai terribili rattodonti ghiotti di quiche, di bere birra al bancone della locanda di Lucius, di vedere contadine trasformarsi in regine e difendere Barrelhaven dal male, fianco a fianco con i draghi.
E si arriva all’inevitabile conclusione ed in calce all’ultimissima vignetta leggiamo la parola terribile di quattro lettere, pagheremmo oro per avere un’altra dose di questa avventura eccezionale…

Bone, Diego Ciorra, martelive, martemagazine, Rubriche

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