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Bruno Aller, un pittore romano a Napoli

shiba
[GRAFFI(A)TI AD ARTE]

shibaSe si potesse e si dovesse segregare l’arte si dovrebbero scegliere sempre luoghi come la Sala delle Carceri di Castel dell’Ovo a Napoli. Luogo fresco e silenzioso, oscuro e luminoso allo stesso tempo, da un’unica finestra la luce che entra è fulgida e rende tutto nitido; in queste sale di antica sevizia e costrizione ho trovato i colori di un libero pensatore, Bruno Aller.

 

La mostra, ospite fino al 28 giugno, raccoglie le opere del pittore che vanno dal 1979 alle ultime produzioni, si tratta di un percorso di ricostruzione filologica del pensiero di un artista, in cui le grandi opere e le pale esposte si contrappongono a dei bozzetti e degli studi. Si tratta di una scelta interessante perché spesso i pittori in vita ripudiano e “sconsacrano” le loro precedenti opere, come se il passato nel suo proseguo non avesse avuto un senso, ricordiamo esempi illustri di famosi che usavano le stesse tele, distruggendo precedenti dipinti. Spesso per un artista è quasi una violenza confrontarsi con il proprio passato, lo guarda e non ci si riconosce più. Dunque, presentare un lavoro di ricostruzione è un progetto interessante anche solo per l’aver messo di fronte l’artista a tutta la sua arte, costringendolo a riguardarsi.

In questo caso specifico, poi, i lavori di Bruno Aller sono un ripercorrere il passato letterario e artistico della stessa cultura occidentale. Aller affronta il suo e il nostro passato culturale: Saffo, Dante,  Marinetti e Apollinare; li ritrae in modo tale da ri-viver, in nuovi tratti, delle sensazioni che questi ingegni hanno dato alla spirito occidentale. Aller li definisce Ri – Tratti. Nella mancanza di una vera figura sono i tratti presi e ri-presi a costruire quella sensazione di presenza. La profondità viene creata da linee parallele e da forme ovali sfumate, così lo spettatore è costretto ad avvicinarsi per capire e scoprire il segreto della precisione e della linea. La sensazione però rimane forte e immanente come l’opera di un genio letterario come Campana, le cui immagini poetiche naturaliste e di pura visione sono descritte da Aller con la presenza delle forme. Immagini geometriche a cui il colore dà spessore e in cui è il tratto a spiegare il senso. Un ritorno ad una geometria del racconto come pulizia dal caos culturale, ecco perché il ritorno ai personaggi cardine della nostra cultura.
Napoli usa l’arte per collegare il presente al passato, per non dimenticare mai ciò che è stato e richiamando alla memoria storica approfondendo così la piena consapevolezza del quotidiano, che non si sa leggere bene senza strumenti adatti.

Rossana Calbi

arti visive, Bruno Aller, martelive, martemagazine, Rubriche, Shiba

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