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Passiamo la parola agli oggetti

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[ARTI VISIVE]

silent_3-1ROMA- In “Spazio Officina 468”, galleria d’arte ricavata in un’ex-fabbrica anni ’50, e’ stata inaugurata la mostra Reale per eccelenza di Mauro Maugliani.
In esposizione dieci opere dell’artista romano (nato a Tivoli) che spaziano da raffigurazioni di nature morte (“Geometria frattale” e “Zucca”) a rappresentazioni attraversate da istanze di critica sociale (“Star System”, “Coscienza”).

Le opere, tecnicamente collocabili nell’iperrealismo, movimento artistico nato negli Stati Uniti negli anni ’60-’70 e poi diffusosi in Europa, si distanziano però dalla freddezza e asetticità che caratterizzavano quello classico.
Onorando la tradizione coloristica italiana, Maugliani infatti gioca su concerti di toni, esplosioni di colore, riscontrabili anche in opere fondamentalmente monocromatiche come “Coscienza”. E proprio la serie di soggetti in plastica come la busta di “Coscienza” , quella di “Barocco” o il sacchetto della Apple incagliato in una corda di “Silent” presentano una delle cifre del lavoro di Maugliani: l’asservimento di una tecnica quasi fotografica come quella iperrealista alla costruzione di soggetti empiricamente rilevabili, ma capovolti semanticamente.

La rappresentazione fedele dell’oggetto non e’ fine a se stessa, ma e’ strumento descrittivo che usa la realtà sensibile e le fa parlare un linguaggio esistenziale: la plastica di “Coscienza” finisce così per rimandare all’irrigidimento intellettuale ed emotivo del soggetto contemporaneo, osservatore passivo degli accadimenti, il pallone sgonfio de “L’anima dentro”, disegnato per una campagna Unicef, allude all’aridità infantile a cui sono obbligati i bambini del Terzo Mondo, la corda sul sacchetto in “Silent” è la stessa che costringe la nostra bocca al silenzio e infine la stella gonfiabile di “Star System” ci parla del nostro mondo, falsato esteticamente e deviato su scopi superficiali. Ma l’elemento curioso è come l’artista usa i mezzi tecnici dell’iperrealismo per superarlo, approdando all’informale. Come nella corrente Informale la perdita d’importanza della forma ne fa acquistare alla materia, con cui s’identifica l’opera, cosi’ Maugliani in “Cioccolata” e “Marmellata” ingrandisce a un punto tale il particolare da far dissolvere l’oggetto, permettendo all’osservatore di leggere l’opera in due modi: rimanendo ancorato a ciò che essa raffigura, quindi cioccolata e marmellata, o trascendendo ciò che l’elemento è per costruire, con le linee che da esso derivano, infiniti altri significati. Con gli ultimi due quadri “Embrace” e “Personal Jesus”, elaborati dalle foto dell’artista pubblicista Fabio Meschini, si abbandona il sociale e la sperimentazione tecnica per introdursi in un’atmosfera mistica: il primo, con il demonio coinvolto nella dolcezza di un abbraccio, si rivolge all’ambiguità del confine tra il bene il male, il secondo, più intimista, dà corpo ad una spiritualità personale esercitata sulle note dei Depeche Mode.

Impossibile non riconoscere a Mauro Maugliani la raffinata abilità tecnica, di cui però va rilevata anche la pericolosità. L’osservazione dei particolari lascia incantati, ma rischia di far accomodare su facili valutazioni di ordine tecnico, soffermandosi su ciò che l’opera è e non su ciò che vuole dire. L’arte per esistere deve parlare e le opere di Maugliani qualcosa da dire ce l’hanno, come hanno il pregio dell’onestà, anche se forse per arginare il trabocchetto teso dalla tecnica, sarebbe meglio potenziare la forza del discorso evitando di presentare più temi e ricerche insieme, per concentrarsi, di volta in volta, su un singolo tema.

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