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C’era una volta in Argentina

Immy5
[TEATRO]

Immy5MILANO- Da cinque anni la compagnia Alma Rosè organizza l’iniziativa Il Giro della Città, grazie alla quale attraversa, con i suoi spettacoli, realtà culturali e sociali diverse che convivono dentro e fuori Milano, dai teatri alle cooperative sociali (per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.almarose.it, n.d.r.).

Quest’anno poi il programma è più ricco che mai in quanto, oltre alle rappresentazioni teatrali son previsti incontri e dibattiti sui temi affrontati sul palcoscenico, come quello del recupero di duecento fabbriche abbandonate dai loro proprietari, ma recuperate da alcuni lavoratori argentini. Ed è proprio nell’ ambito della quinta edizione de Il Giro della Città che arriva al Teatro Libero di Milano il monologo Gente come uno, spettacolo-testimonianza che racconta la celebre (e temo ormai dimenticata) crisi argentina del 2001.

In scena un unico attore-protagonista, Manuel Ferreira, argentino di Buenos Aires che racconta in prima persona il suo Paese d’origine, alternando una graffiante ironia ad una rabbia cocente per lo stato in cui oggi versa l’Argentina. Si inizia con un incontro casuale in un internet point con uno sconosciuto, un ragazzo senegalese, che scoprendo le origini di Manuel gli chiede se è vero che la gente in Argentina muore di fame. Un africano che chiede informazioni sulla fame argentina. Manuel è incredulo. La narrazione però prosegue, vanno in scena ricordi e commenti tratti dai sui frequenti viaggi Milano –  Buenos Aires, visto che Manuel vive da anni nel nostro Paese. I ricordi sono agrodolci, caratterizzati da momenti di gloria, ma anche di crudeltà, legati soprattutto alla lunga e feroce dittatura militare, che portò alla scomparsa di più di trentamila oppositori o presunti tali, i cosiddetti desaparecidos. Ai suoi ricordi si alternano poi le parole dei suoi amici argentini riportate dallo stesso Ferreira che le riferisce, a tempo di musica, fin quando pian piano la musica si esaurisce, a testimonianza del fatto che la festa argentina era ormai giunta a termine. Da questi commenti emerge una situazione economico-sociale che va deteriorandosi pian piano sotto gli occhi di tutti, senza che però nessuno protesti, tutti sembravano esser fiduciosi che la situazione prima o poi sarebbe migliorata da sola e invece…Immy1

…e invece la situazione, come ormai ben sappiamo, non migliorò per niente, anzi : Ferreira porta in scena a questo punto la storia di una donna della classe media, una delle tante che non aveva mai avuto problemi di liquidità e che in vista della vecchiaia aveva messo da parte un po’ di pesos. Soldi che però le vengono negati giorno dopo giorno dai solerti funzionari della sua banca di fiducia, che, invocando l’emergenza nazionale, le rifiutano qualsiasi prelievo: ecco allora che anche il ceto medio è costretto a fare i conti con la crisi, a riscoprire il baratto, a inventarsi nuovi e poco dignitosi lavori. E’ a quel punto che la protesta divampa, Si alza la voce, la rabbia non viene più subita passivamente, ma si incanala in un tentativo di azione. E’ a quel punto che la gente scende in piazza, la stessa gente che di fronte a soprusi ben peggiori non aveva mosso un dito, ma colpita nel portafoglio aveva ricordato il suo peso e aveva deciso di protestare contro una classe politica corrotta e che aveva portato il loro Paese, un Paese ricco di risorse, a ritrovarsi privato di tutto: della casa, del risparmio, del lavoro, dello stesso diritto di protesta. Questa situazione porta alla riscoperta dei comitati di quartiere e di varie forme di partecipazione “dal basso”, strumenti caduti nel dimenticatoio per pigrizia e “grazie” alle sirene del consumismo che avevano portato gli argentini a spendere più di quanto potessero realmente permettersi.

Immy4Il testo, scritto a quattro mani da Manuel Ferreira ed Elena Lolli, è un testo forte, portato in scena in modo coinvolgente, la narrazione è concitata, arrabbiata, urlata, colpisce direttamente alla pancia lo spettatore soprattutto per le tante analogie con i tempi che il nostro Paese sta vivendo attualmente: le esortazioni a spendere nonostante la crisi, il diffuso disinteresse per la politica sia attiva che passiva, l’indifferenza per tutto quello che succede intorno a noi sono tutti campanelli d’allarme che ormai suonano da tempo in Italia. E non nego che si abbandona la sala con una certa inquietudine su quello che il futuro potrebbe riservarci, perché in fondo il rischio di emulare l’Argentina è proprio dietro l’angolo. Perché, in ultima analisi, i responsabili del crac argentino non sono stati solo i politici, ma tutti quelli che per distrazione, incoscienza, superficialità e leggerezza hanno preferito volger lo sguardo altrove piuttosto che far sentire la propria voce prima che il dissesto socio-finanziario divenisse inevitabile.

Gente come uno, martelive, martemagazine, Milano, teatro

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